Light Art
ARCHEOLOGIA REINTERPRETATA CON LA MODERNA TECNOLOGIA DIGITALE: STORIA E ARTE CONTEMPORANEA SI FONDONO NELLA MOSTRA “PLESSI SPOSA BRIXIA”
By Cristina Ferrari
Pubblicato il
Giugno 2023
Esiste un legame tra archeologia e arte contemporanea?
È da questa domanda che è nato il format Palcoscenici archeologici, a cura della Fondazione Brescia Musei, giunto al suo terzo appuntamento con Plessi sposa Brixia che raccoglie il timone da Francesco Vezzoli (2021) ed Emilio Isgrò (2022). La Mostra, visitabile dal 9 giugno, comprende cinque installazioni site-specific realizzate con le più moderne tecnologie e una esposizione di progetti di Fabrizio Plessi, artista tra i pionieri della videoarte nel mondo e tra i primi ad aver utilizzato il monitor televisivo come un vero e proprio materiale. In quasi sessant’anni di carriera, Plessi ha partecipato a importanti rassegne nazionali e internazionali ed è tra i fondatori della Kunsthochschule für Medien di Colonia, dove ha insegnato “Umanizzazione delle tecnologie” e “Scenografia elettronica”.
Il progetto, curato da Ilaria Bignotti e promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, è un percorso immersivo appositamente pensato per il parco archeologico di Brescia e il Museo di Santa Giulia, di cui sottolinea i resti monumentali e i reperti, reinterpretandoli con l’arte e l’alfabeto tecnologico e multimediale tipico dell’artista, formato da luce, suono e immagini in movimento.
Il titolo della Mostra è stato scelto nel 2020, durante il lockdown, quando Plessi si è fatto inviare libri e cataloghi relativi al Museo e all’area archeologica innamorandosi della città: il tema evidenzia il suo desiderio di “sposarsi con i monumenti, un atto d’amore non a livello museale ma passionale”. Nella Mostra, infatti, vengono coniugati i valori della bellezza, della salvaguardia e della tradizione con la valorizzazione e il riconoscimento del luogo, della sua identità e del suo valore assoluto, combinando passato e futuro tramite il digitale. Come racconta Plessi, “la mostra unisce l’antico e la cultura col cangiante tecnologico di oggi. Il mio lavoro è alzare la temperatura emozionale dell’opera attraverso la tecnologia, arrivando al calore umano. È necessario dare un valore umanistico alla tecnologia e non farsi dominare da lei ma dominarla”. Non per altro Plessi è “un artista tecnologico che da decenni lavora sul rapporto tra vestigia storico-artistiche e la loro reinterpretazione tecnologica nell’epoca della rivoluzione digitale”, afferma Stefano Karadjov, direttore della Fondazione.
L’artista ha deciso di concentrarsi su 5 grandi icone, su cui ha lavorato per operare la loro trasformazione multimediale per mezzo dell’oro, che si scioglie in colate, di fondali neri, di gorghi di luce, di suoni e di movimenti. È una trasformazione degli elementi (acqua, terra, fuoco e aria) attraverso il nero e l’oro.
Il percorso inizia nell’aula occidentale del Capitolium (il tempio fatto costruire dall’imperatore Vespasiano e dedicato alla Triade Capitolina composta da Giove, Giunone e Minerva) con Capita Aurea. L’installazione consiste in tre grandi schermi neri multimediali su cui vengono riprodotte le vedute posteriori di tre delle teste in bronzo dorato di imperatori rinvenute nel 1826. Le teste in metallo, posizionate dietro a tre teste in marmo bianco rinvenute nell’area del tempio, si stagliano nella loro “dorata potenza” per poi iniziare a liquefarsi lentamente ma inesorabilmente in una scena di rara potenza espressiva, colando in un fiume di vanagloria, la Vanitas titolo originario dell’opera. Il metallo prezioso, simbolo del passato e della gloria si scioglie come lacrime in una pozza dorata che si allarga e sparisce, per poi risorgere in un continuo ciclo di rigenerazione dando un messaggio molto forte: gloria e potere passano e si disciolgono, ma ogni cosa si trasforma e il tempo si rigenera. La drammaticità della scena è sottolineata anche da un suono ambientale che scandisce il tempo.
Fedeltà, rispetto, amore per il passato quale fonte e sorgente della ricerca artistica contemporanea e sorgente di valori a cui ispirarsi, sono ben rappresentati nel gigantesco anello nuziale che si staglia nella Basilica longobarda di San Salvatore (inserita nel Museo di santa Giulia) e che sposa simbolicamente il Museo, i suoi reperti, ma anche la città e i suoi abitanti. L’opera, priva di titolo, è costituita da un anello verniciato d’oro all’intero del quale scorre “oro liquido” (placche di LED ricurve). È il fulcro del progetto, ma anche un incitamento all’educazione, all’amore e al rispetto della storia, un simbolo della fiducia e della lealtà dell’arte al pubblico, con cui lo spettatore instaura un dialogo basato sulla reciprocità e sul riconoscimento di valori comuni. È anche un’allegoria della ciclicità e della trasformazione.
Il lavoro sul mosaico e sulle sue iconografie geometriche e astratte, in cui la tecnologia diventa quasi inconsistente, trova il suo compimento in Underwater Treasure, nella Domus dell’Ortaglia. Sullo sfondo nero del muro schermi composti e scomposti fanno emergere mosaici dorati in lentissimo movimento, vere e proprie maree digitali nelle quali la memoria si frantuma nelle “onde dorate e neri fondali della storia”. Il mosaico, il cui riverbero dorato si irradia sulle superfici e sul soffitto, “respira” e sembra essere sott’acqua, ben integrandosi con la Domus delle Fontane, capolavoro di ingegneria idraulica dell’epoca.
Sempre nel Museo si trova Colonne Colanti, un’installazione che si basa sulle colonne, simbolo di potere e vittoria oltre che elemento dallo slancio verticale che mira al cielo e all’eternità. Come per i Capita Aurea, le colonne si sciolgono in gocce dorate, facendo riflettere sulla vanagloria e sulla caducità del potere, ma ricordano anche la bellezza delle costruzioni umane e delle antiche rovine su cui l’arte contemporanea si interroga. L’opera pone il pubblico in dialogo con la pietre miliari che in epoca romana erano collocate lungo le vie di accesso alla città e ne segnavano la distanza.
Terra e pietra trasformate dal lavoro dell’uomo in opere d’arte sono alla base dell’impressionante scultura di Santa Giulia Crocifissa, originariamente parte del corredo della chiesa, trasformata in Floating Santa Giulia, installazione di forte impatto emozionale. Plessi si è concentrato soprattutto sul panneggio della figura della santa martire che, tramite apposite tecnologie, viene reso fluido, come mosso dal vento. L’immagine, simbolo di fede e di sacrificio, diventa quindi anche simbolo di come l’arte può superare i confini della materialità attraverso il suo “slancio trascendentale”.
La Mostra si conclude idealmente con La mia testa è un foglio A3, oltre 80 progetti esposti nelle sale ricavate nel corpo di fabbrica tra il chiostro di San Salvatore e quello di Santa Maria in Solario, aperte in occasione del Corridoio UNESCO che collega l’area archeologica col Museo e destinate alle mostre temporanee gratuite. Concepita a sua volta come una vera e propria installazione site-specific, l’esposizione presenta alcune delle tavole originali, molte delle quali dedicate proprio alla mostra stessa, del triennio dell’Età dell’Oro (2020-2023), ciclo in cui Plessi si concentra sull’Oro e sul Nero, elementi a conclusione di un “processo alchemico di meditazione sul tempo e sulle forme della storia dell’umanità” dell’Acqua, della Terra, del Fuoco e dell’Aria. Per l’artista il disegno è alla base di ogni invenzione artistica e l’origine della sua visione: tutto parte dal foglio di carta sul quale vengono elaborate immagini e fissati concetti, sempre dall’antichissimo gesto della mano che traccia un segno.
La Mostra sarà visitabile fino al 7 gennaio 2024, al termine Floating Santa Giulia e uno dei Capita Aurea verranno donati alla Fondazione Brescia Musei.
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