Per i cultori dell’arte appassionati la mostra Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce, che si è aperta a Lugano in Svizzera il 24 settembre scorso nella sede della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati del circuito MASI, è una tappa imperdibile. Si concluderà il 14 gennaio 2024.
Il titolo ci riporta al grande poeta italiano Giuseppe Ungaretti, le cui parole che condensano realtà del sentimento emozionale e fisico e che fanno ormai parte del nostro più elevato “bagaglio” culturale. Per molti di noi infatti è indelebile nell’immaginario Mattina, quella sua poesia scarna “M’illumino d’immenso” che risuona semplice e straordinaria. Ungaretti, precursore e caposcuola dell’ermetismo, è in questo caso il trait d’union tra due grandi pittori del Novecento italiano. Amico dell’uno e ammiratore dell’altro, di cui si è occupato anche come critico, negli anni sessanta produsse con Piero Dorazio un libro (La luce. Poesie 1914-1961, Erker Presse, San Gallo, 1971) in edizione limitata, dedicato al tema della luce. Furono scelte venti poesie tra cui Dove la luce, cercando quelle che potessero esprimere questo fenomeno così intimamente legato alla vita, stampate in verde e infine illustrate dall’artista romano Dorazio con tredici litografie.
In questa mostra in territorio svizzero ideata da Danna Battaglia Olgiati, il tema su cui si confrontano a posteri Giacomo Balla e Piero Dorazio è proprio la luce, in un racconto visivo affidato a quarantasette opere create attorno a due date: il 1912, anno di nascita delle Compenetrazioni iridescenti di Balla e il 1960 quello delle Trame di Dorazio.
Uniti da una straordinaria affinità elettiva e sensibilità sia artistica che affettiva, entrambi si erano concentrati sul fenomeno della luce durante il loro percorso, con un punto di culmine in due periodi particolari, appunto attorno il 1912 per Balla e il 1960 per Dorazio, date che la curatrice Gabriella Belli, fondatrice e al timone del Mart di Rovereto e poi fino al 2022 alla direzione dei Musei Civici di Venezia, ha voluto porre in primo piano in questa manifestazione.
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Quasi cinquant’anni passano tra le une e le altre, eppure ciò che seduce e ancora ci interroga di quel fenomeno luminoso, di cui queste opere sono interpreti e tributi, è il mistero che al di là di ogni verità scientifica sentiamo in tralice calamitare il nostro sguardo dentro le superfici” sono le parole a commento di Gabriella Belli.
Piero Dorazio (1927-2005), uno dei maggiori astrattisti europei, frequenta Giacomo Balla (1871-1958) andandolo a trovare nella sua casa in via Oslavia 39/b, a Roma, negli ultimi anni della vita del grande maestro che amava chiamare le sue nature morte “nature vive” e che aderì al futurismo per poi rinnegarlo. Dorazio, molto più giovane di Balla, trova in lui affinità e sintonia, anche nell’interesse verso la rappresentazione della luce. Le sue Trame, esposte in mostra furono tuttavia una breve parentesi della sua esperienza artistica. Le sue grandi tele, dipinte tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, vogliono fissare su tela la luce rendendola quasi materiale, densa e sono costruite da linee incrociate di ombre e luci in una sperimentazione simile volutamente a quella di Giacomo Balla. Gli studi di Balla sull’iride, o l’arcobaleno, le famose Compenetrazioni iridescenti, sono fatte su fogli di taccuino sebbene costituiscano uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla, proprio per quel loro presentarsi come precoci sperimentazioni astratto-geometriche, e nacquero nel volgere di pochi mesi durante il suo soggiorno come ospite nella villa Löwenstein in Germania a Düsseldorf. Balla, antesignano della figurazione astratta, era stato invitato a decorare lo studio di questa splendida villa sul Reno, e si dedica nei ritagli di tempo in modo sperimentale ai lavori presentati in mostra. Si renderà conto della loro importanza solo negli anni Cinquanta. È di fatto una nuova idea di pittura, nata dall’osservazione della natura, delle rifrazioni luminose e dei fenomeni “luministici” che si esplicano con reticoli a geometrie triangolari, a nastro o sferiche in composizioni astratto-geometriche che anticipano l’astrattismo. Balla lavora con rigore scientifico usando matite colorate, tempera e acquarelli inseguendo le iridescenze dell’arcobaleno: dal rosso all’arancio, al giallo, al verde, all’azzurro, all’indaco e violetto. Anche se come ci fa notare la curatrice Gabriella Belli, l’artista “pur in debito con l’osservazione della natura – come la critica ha sempre rilevato – ogni suo esercizio non sarà mai fredda e calcolata applicazione di teorie scientifiche, ma piuttosto un affondo nella natura fino a coglierne i nessi più nascosti e misteriosi”. Le Compenetrazioni iridescenti sono piccoli capolavori, dipinti su carta, alcuni su tela, rarissimi per numero e qualità, e ulteriore dignità ai quadro viene aggiunta dalle cornici, spesso disegnate dal pittore.
Per il progetto dell’allestimento di questo evento che segna un confronto artistico unico, la curatrice Gabriella Belli ha chiamato l’architetto Mario Botta, già autore dell’architettura del Mart di Trento. Un sodalizio di altissima valenza che risulta in un capolavoro anche nel supporto alla visione delle opere stesse.
L’allestimento dedicato alle opere di Giacomo Balla, che sono quasi tutte di piccole dimensioni, è una composizione di spazi bianchi. Le rientranze regolari formano delle nicchie costruite da tre elementi, di cui due verticali e uno triangolare inclinato che esaltano la lettura delle opere, rese ancora più “preziose” dall’essere sospese nello spazio. Per ciò che riguarda la parte dedicata all’esposizione delle opere di Piero Dorazio, che sono molto grandi in contrasto alle precedenti, Mario Botta ha invece disposto di presentarle su un fondale di supporto nero. Il progetto ha il duplice obiettivo di distinguere le opere di Dorazio da quelle di Balla, consentendone allo stesso tempo la vicinanza e il rimando visivo e percettivo che ricorre nel percorso espositivo. Infatti le opere dei due artisti si susseguono a intervalli regolari. Mario Botta con il suo allestimento ha voluto portare all’attenzione del visitatore le similitudini e le diversità dei due linguaggi artistici e pittorici separati da quasi cinquant’anni di storia creando un pattern, una trama nella trama, dialogando con i due grandi autori della rappresentazione astratta su un tema quello della luce, vitale ed elusivo perché immateriale caro anche al maestro dell’architettura Botta.
Le opere esposte provengono dalla GAM di Torino, dal Mart di Rovereto, dall’Archivio Dorazio e da collezioni private e museali.
Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo ampiamente illustrato, edito da Mousse-Milano, con testi di Gabriella Belli, Francesco Tedeschi, autore del Catalogo ragionato di Piero Dorazio, e Riccardo Passoni, direttore della GAM di Torino, dove sono conservati i fogli più importanti di Balla. Completano il volume ricchi apparati critici a cura di Giulia Arganini (per Giacomo Balla) e Valentina Sonzogni (per Piero Dorazio). Un’ intervista a Mario Botta espliciterà i criteri espositivi della mostra.
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Riva Caccia 1, 6900 Lugano.
Ingresso gratuito. Gio – Do: 11:00 – 18:00
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