Light Art
Massimo Uberti maestro di Light Art fa luce sullo spazio immaginato
By Jacqueline Ceresoli
Pubblicato il
Aprile 2024
INDICE
Massimo Uberti maestro di Light Art fa luce sullo spazio immaginato
Massimo Uberti, classe 1966, artista concettuale pluripremiato scomparso prematuramente la notte del 7 aprile a 58 anni a causa di un male incurabile, sopportato in silenzio da anni, è stato fedele al neon bianco, alla luce come linguaggio universale di rigenerazione e speranza di spazi di armonia dove noi siamo connessi all’infinito.
Dell’ex docente di Pittura e Arti Visive all’Accademia di Belle Arti, dove si è diplomato, e protagonista della Light Art italiana di fama internazionale abbiamo scritto molti articoli, ma sappiamo che Uberti non si è spento e vivrà nelle sue opere site-specific, accendendo riflessioni sul significato simbolico dello spazio, del tempo e della nostra cultura umanista in dialogo con l’architettura e il luogo.
È un classico modernissimo, Uberti, che nel neon ha trovato la materia del suo operare, incentrando la sua ricerca sulla percezione dello spazio, con luce calda di LED bianca e diafana per “disegnare” ambienti, volumi, strutture, metaspazi smaterializzati, risolti in linee semplici in cui tutto è paesaggio, presagio di infinitudine.
L’artista bresciano con la luce e nella luce ha creato spazi dell’Utopia dal 1991, con l’installazione Il dittatore, ideata nell’ambito del progetto Imprevisto al Castello di Volpaia a Radda in Chianti, Siena, fino a Orbita (2022), progetto vincitore del PAC 2020, Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività del Ministro della Cultura, un’opera permanente di luce dalla forma ellittica posta all’esterno del Castello di Gamba, Châtillon, sede del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della Valle d’Aosta.
Uberti si è contraddistinto con composizioni luminose in dialogo con il territorio e interventi site-specific con cui invita l’osservatore a riflettere sul valore del nostro patrimonio architettonico e paesaggistico. A Milano con Rossana Ciocca, sua gallerista e promotrice di Arte Pubblica, ha condiviso diversi progetti su scala urbana, oltre che in altre città italiane. Tra gli altri è memorabile l’installazione natalizia intitolata E ogni cosa è connessa a tutte le altre, una frase luminosa posta davanti all’Albero di Natale nel 2020 all’Ospedale Fiera Milano, diventato un luogo simbolico nell’anno pandemico, concepita come un omaggio alla città e al personale. Con Lost (2020), una scritta luminosa imponente, il cui messaggio è racchiuso nel titolo, incastonata nel muro lungo il Naviglio Martesana e Villa Singer, l’artista ha fatto luce sulla bellezza dell’architettura e del paesaggio circostante, tra i più suggestivi di Milano. Non dimentichiamoci che, per la prima indimenticabile edizione del 2019 di BienNoLo, la Biennale di Arte Contemporanea a NoLo (Distretto Nord di Loreto) a Milano, ospitata nell’ex laboratorio di panettoni Giovanni Cova, un edificio industriale abbandonato dove non c’era energia elettrica ma tanta energia e poesia, Uberti, in uno spazio ipogeo e completamente buio, ha presentato Città Ideale, una installazione composta da duecento candele accese disposte a terra a forma della città ideale di Filarete, definendo un luogo di riflessione sul significato di uno spazio intimo, poetico, amato.
In queste e altre installazioni in luoghi pubblici e privati in Italia e all’estero, per Uberti il neon bianco è una “matita luminosa” utilizzata per tracciare una linea continua tra passato e presente, con il fine di riconoscere un paesaggio reale e immaginario e scoprire uno Spazio Amato (2022), come suggerisce il titolo dell’opera realizzata in occasione dell’edizione di Hypermaremma, il festival di arte contemporanea del sud della Toscana, all’interno dell’Oasi WWWF del Lago di Burano a Terre di Sacra a Capalbio (GR).
Dagli esordi fino ad oggi per Uberti tutto è spazio di luce
Uberti negli anni ’90 è stato tra i protagonisti del gruppo di artisti di Via Lazzaro Palazzi a Milano, ha codificato la Light Art con una serie di opere, tra le quali ricordiamo il grande Tendente Infinito nella mostra Sogni di una città possibile (2008) dove ha riproposto a larga scala il disegno di Sforzinda, la città ideale di Antonio Averlino detto il Filarete (1465), incastonata nel chiostro della Magnolia alla Fondazione Stelline del capoluogo lombardo. Le sue architetture di luce ideali e di sublimazione del desiderio di un paesaggio immaginato, dove tutto è calma, bellezza e armonia sono spazi di luce, con materiali evanescenti dell’immateriale da manipolare ed esplorare in dialogo con l’ombra, architetture effimere e tensioni verso l’infinito.
Noi siamo lo spazio che percepiamo, come suggeriscono i suoi molteplici interventi in Italia e all’estero, tra gli altri ricordiamo la sua partecipazione nel 2018 a Mantova nel, culla del Rinascimento, in occasione della Biennale di Light Art. Dal neon passa alla foglia d’oro con l’installazione #ESSERESPAZIO (2021), realizzata in occasione delle Celebrazioni Dantesche, il 25 marzo Dantedì, nel Comune di Mulazzo e Comune di Bolano, in Lunigiana, una terra che ospitò Dante nel 1306 alla Corte dei Marchesi Malaspina. Questa opera è una versione personale della sua percezione di un luogo attraversato e abitato da poeti. Uberti ha riscoperto i luoghi del nostro paesaggio antico e contemporaneo, da curare e non abbandonare, in cui il neon come l’oro intrecciano dialoghi non scritti come metafora dell’incoro tra Luce e Dio.
AUTHOR
Jacqueline Ceresoli
Storica e critica dell’arte. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente. Collabora con diverse testate di architettura e arte. Il suo ultimo libro è Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Meltemi Linee (2021). Scrive su LUCE dal 2012 e tiene la rubrica Light art da quando l’ha proposta al direttore diversi anni fa.
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