I designer raccontano
Konstantin Grcˇic’ e la filosofia del limite “Oggi e, sicuramente negli ultimi dieci anni, agisco rifiutandomi di agire” (articolo pubblicato su LUCE 344, giugno 2023)
By Sielo Longo
Pubblicato il
Aprile 2024
INDICE
“I Black Flag sono un gruppo punk americano che ascoltavo, e voglio dire, la bandiera nera non è una bandiera bianca, non è una bandiera colorata… è una bandiera nera: probabilmente è più contro che a favore di qualcosa”.
L’occhiata che Konstantin Grcˇic’ mi lancia di sfuggita da dietro la montatura degli occhiali rigorosamente nera, mentre mi spiega perché ha chiamato Black Flag la sua ultima lampada per Flos, basta a rivelare l’estrema vivacità mentale ed emotiva che si nasconde dietro l’apparente compostezza di uno dei designer più influenti del momento, le cui creazioni sono esposte nelle collezioni permanenti di tutti i più importanti musei internazionali di design.
“La lampada è composta da tre bracci sovrapposti che possono espandersi meccanicamente nello spazio come un coltello tascabile, ma sulla parete sembra una bandiera e ho pensato che fosse un bel nome. Non è una dichiarazione politica, ma mi piace il fatto che sia un oggetto resistente, nel senso che è fisico, è grande, e si trasforma meccanicamente”.
"Act now, agisci ora". Una dichiarazione di stampo politico?
Di madre tedesca e padre serbo, Grcˇic’ vive a Berlino, dove, nel 2018, da Monaco ha trasferito il suo studio. La nostra chiacchierata si svolge pero al Salone del Mobile di Milano: e qui che Flos sta presentando l’ultima lampada realizzata in collaborazione con il designer. Su una delle Black Flag esposte nello stand campeggia la scritta Act now, agisci ora. Gli chiedo se si tratti di una dichiarazione di stampo politico:
“la Settimana del Design di Milano è uno spettacolo, c’è un po’ di teatro qui e c’è il pubblico, così perché non giocare con ciò che può provocarlo, che può innescare una discussione? Alcuni pensano sia totalmente sbagliato associare una dichiarazione attivista a un prodotto di lusso, ma sebbene io non sia una persona cinica, credo anche che ci sia la libertà di farlo e vedere cosa succede. In ogni caso, ‘agisci ora’ non è necessariamente un messaggio strettamente politico, che comunque credo sia importante in questo momento. Infatti, per muovere la lampada sei costretto ad agire fisicamente su di essa. Black Flag è un oggetto deliberatamente fisico e meccanico, che ti costringe a interagire fisicamente, ad adattarti ad esso. Oggi la tecnologia ci avrebbe permesso di creare un’illuminazione completamente immateriale, in cui la sorgente di luce è invisibile. Ma mi piace che la lampada sia ancora un oggetto, che il suo movimento sia esperibile fisicamente, perché questo implica anche l’esperienza del limite: un’esperienza che produce consapevolezza e conoscenza. La portata massima del braccio è di 3,5 metri, il che rende Black Flag una sorgente luminosa in grado di adattarsi ai diversi usi di uno stesso spazio nei diversi momenti della giornata, e cioè a uso efficiente dello spazio. Ma ci sono anche movimenti che la lampada semplicemente non può fare. Oggi basta schiacciare un pulsante per far succedere qualcosa: c’è poco feedback dalle cose fisiche. Non lo dico da una prospettiva nostalgica, ma l’esperienza della forza necessaria a compiere un’azione, del peso da sollevare, dell’attrito, dei limiti nel movimento del braccio meccanico, penso siano tutte cose che ci fanno bene, anche quando si tratta poi di avere a che fare con l’invisibilità e l’immaterialità del mondo digitale”.
Progetti caratterizzati da un approccio integrato
Lo studio Konstantin Grcˇic’ Design spazia dal design industriale ed espositivo alle collaborazioni con l’architettura e la moda, ma tutti i progetti sono caratterizzati da un approccio integrato, dove la progettualità si fonda non solo su funzione ed estetica, ma anche sulla riflessione riguardo i diversi modi in cui l’oggetto interagisce con chi lo usa e con chi lo produce. Non è un caso che Grcˇic’ citi spesso gli italiani dell’età d’oro del design come suoi riferimenti imprescindibili:
“io ho deciso di essere un designer e non un artista, tuttavia, seguo l’arte contemporanea molto da vicino e trovo che sia un elemento assolutamente necessario alla nostra cultura. L’arte, in tutte le sue forme, che sia musica, belle arti, teatro, letteratura, ci spinge a pensare e ad agire, e questo mi piace. In un certo senso anche il design può scegliere una direzione simile: gli oggetti non servono solo e soltanto il benessere, a volte possono essere un po’ ribelli. Il fatto che Flos, un’azienda di illuminazione commerciale, si spinga fino alla produzione di questa lampada, che esula da qualsiasi ragionamento razionale sulla luce commerciale, è già quasi una dichiarazione artistica che sta facendo e a me piace andare fino in fondo nello sperimentare dove porta questa libertà. Mi occupo di design perché sono interessato al mondo materiale, potrebbe essere anche architettura, paesaggio, ma il mondo del design è quello dove mi sento più a casa. La scala è sempre diversa, piccola o enorme, molto povera o molto ricca, più o meno commerciale, ma si tratta sempre di costruire, realizzare oggetti concreti: è questo il motivo per cui ho scelto il design e per cui lo pratico ancora. L’aspetto politico della fabbrica, come si producono gli oggetti, quali risorse si utilizzano in termini di materiali, energia, ma anche di risorse umane, è un tema per me fondamentale e di cui sono sempre stato consapevole. Aver letto Enzo Mari da studente, la sua attitudine a pensare all’operaio, a dare al lavoratore in fabbrica un lavoro intelligente piuttosto che stupido, tutto questo mi ha influenzato profondamente, e credo che oggi, come ai tempi in cui Enzo Mari scriveva il suo manifesto, questo resti ancora un tema centrale.”
La costante del lavoro di Grcˇic’
Volgiamo al termine della nostra conversazione: chiedo a Grcˇic’ quale sia la costante del suo lavoro, il filo rosso che identifica il suo approccio con il mestiere. Con la sua risposta riesce di nuovo a sorprendermi. A discapito dell’enorme liberta che la creatività apparentemente irrefrenabile del designer esprime, ad esempio nell’uso di materiali e tecniche presi in prestito da altri settori industriali per raggiungere risultati sorprendenti, come nel caso della sua Chair One per Magis, c’è anche un lato, meno visibile forse, di estremo autocontrollo. Un approccio che si fonda su una concezione teorica del design estremamente complessa e integrata che Grcˇic’, dal 2020 professore alla Università di Belle Arti di Amburgo, sviluppa in un dialogo continuo e coerente con la sua prassi concreta di designer, mettendo a punto una filosofia dell’autolimitazione che sembra uscita dalla penna del Melville di Bartleby lo scrivano:
“per me è sempre stato importante capire come vengono realizzate le cose: ho un forte interesse per i materiali tecnologici, la meccanica, la struttura, la costruzione. Ma i tempi sono cambiati, abbiamo molti nuovi processi, tecnologie e materiali con cui giocare, ma anche una crescente consapevolezza della limitazione delle risorse. Ogni progetto è diverso, le circostanze sono diverse, ogni volta bisogna decidere che direzione prendere per quel determinato oggetto, ma c’è un atteggiamento di base da avere, e cioè porsi prima di tutto la domanda: facciamo questo oggetto o no? C’è sempre la possibilità di non fare qualcosa. Tornando al motto ‘agisci ora’, agire può anche significare rifiutare l’azione, dire che non faremo un’altra lampada e che questa è la lampada migliore che possiamo fare. Anche non fare qualcosa è un’opzione, ma se tutti dicessimo basta alle cose nuove, andremmo incontro alla disoccupazione, le fabbriche chiuderebbero, il know-how si perderebbe, quindi non è uno scenario realistico. Dobbiamo fare cose attivamente, ma fare cose buone, intelligenti, rilevanti o urgenti. Non fare cose per il gusto di farle, questo non mi ha mai interessato. Oggi e negli ultimi dieci anni sicuramente agisco rifiutandomi di agire, in molte situazioni in cui sento che potrei fare qualcosa, magari scelgo di non farlo perché non è bene farlo: è un materiale che non dovrei usare, è un processo che non dovrei usare, è un oggetto che mi piacerebbe fare ma che alla fine, per una serie di ragioni, non faccio”.
AUTHOR
Sielo Longo
Vive e lavora da molti anni a Berlino, giornalista e filmmaker, collabora a LUCE dal 2016
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