I designer raccontano
La luce, la bellezza e la natura di Michael Anastassiades (articolo pubblicato su LUCE 344, giugno 2023)
By Monica Moro
Pubblicato il
Aprile 2024
INDICE
- 1 Una domanda introduttiva, qual è la sua idea di luce?
- 2 È un pensiero alla base del suo approccio a My Circuit?
- 3 La suggestiva presentazione di My Circuit è come una sequenza su un set o una scena teatrale…
- 4 Se ho capito bene, lei preferisce progettare un’illuminazione ambientale più che un singolo prodotto, come ha fatto in questo suo ultimo progetto. È così?
- 5 Perché ha iniziato a progettare l’illuminazione?
- 6 Poi questo concetto si sviluppa in nuove tipologie di lampade?
- 7 Cosa crede che accadrà nel modo di utilizzare la luce dopo questa sorta di pausa di transizione, questo periodo appena trascorso?
- 8 Qualcosa di più personale, lei è noto per collezionare pietre…
- 9 Come si relaziona con i suoi prodotti o con il pubblico che usa il suo prodotto?
Michael Anastassiades, designer londinese di origine cipriota le cui opere sono esposte nelle collezioni permanenti dei principali musei del mondo, ci racconta la sua idea di luce e la poetica alla base dei suoi lavori.
La rivista LUCE ha incontrato il designer Michael Anastassiades presso lo showroom Flos Professional di Milano in occasione del lancio della sua collezione lampade My Circuit.
Il canto del Ga-yatri – Mantra ha accolto i visitatori nel luminoso spazio durante lo spettacolo teatrale Six acts, messo in scena dal Teatro Parenti e diretto da Fabio Cherstic che ha introdotto il nuovo progetto, un sistema luminoso flessibile e versatile. Michael Anastassiades che è anche uno yogi che pratica ashtanga yoga e un progettista che crea luci di una bellezza senza tempo, come la collezione di lampade Coordinates, un progetto di illuminazione su misura che ha originariamente firmato per il ristorante Four Seasons di New York nel 2018. In seguito, questa collezione e stata sviluppata e prodotta da Flos che ha realizzato anche altri suoi progetti come Arrangements con cui ha vinto il Premio Compasso d’Oro nel 2020.
In My Circuit, un circuito a binario creato in uno speciale materiale di gomma – ogni dettaglio e brevetto Flos – diventa illuminazione architettonica dello spazio attorno ad un unico filo conduttore elettrico a cui possono essere appesi lampade e proiettori, come i poetici ed evocativi My Disc, Dome, Sphere e Line. In questo modo diventa un elemento decorativo della casa, proprio come lo erano i fregi in gesso e i soffitti in stucco in passato. Michael Anastassiades, nato a Cipro e residente a Londra, ha realizzato prodotti, interventi spaziali e opere sperimentali. Nel 2007 ha fondato l’azienda che porta il suo nome, per produrre i suoi pezzi esclusivi, una collezione di illuminazione, mobili, gioielli e oggetti per la tavola. Il suo lavoro e presente nelle collezioni permanenti del MoMA di New York, del Victoria & Albert Museum di Londra, del MAK di Vienna, del Crafts Council di Londra, del FRAC Centre di Orleans in Francia e del Saint Louis Art Museum.
Una domanda introduttiva, qual è la sua idea di luce?
In qualità di esseri umani, o anche come esseri viventi in generale, siamo tutti attratti dalla luce. Credo, al di là di ogni dubbio che ogni singolo essere sia attratto dalla luce. Con questo voglio dire anche le piante, i fiori e gli alberi. Tutti hanno bisogno di luce e si dirigono sempre verso questo elemento. E un fatto naturale, un istinto ancestrale. Veniamo al mondo con questa direzione interiore che punta verso la luce, la portiamo dentro di noi. Quindi, fin dalle prime fasi della civiltà, tutti sono attratti dagli elementi luminosi che siano il sole, la luna o il fuoco.
È un pensiero alla base del suo approccio a My Circuit?
È un aspetto interessante perché ogni singolo modo naturale che abbiamo di percepire la luce comunica uno stato d’animo molto preciso. I nostri stati d’animo cambiano durante il corso della giornata e sono condizionati dalle diverse attività che svolgiamo. Di conseguenza, quello che facciamo e modulare l’intensità della luce in base alle nostre attività e ai diversi stati d’animo che si susseguono dentro di noi durante il giorno. Se riusciamo a comprendere questa esperienza tramite la semplice osservazione – guardando la natura e tutto ciò che abbraccia la nozione di luce – allora possiamo portare queste qualità all’interno dell’ambiente domestico. In questo possiamo scegliere “quando” abbiamo davvero bisogno della luce artificiale, ma anche “dove” e di “quanta”. Il sistema My Circuit e stato progettato tenendo conto di tutto questo e anche per illuminare le diverse funzioni. Per me e necessario catturare la poesia della natura e portarla nell’illuminazione artificiale.
La suggestiva presentazione di My Circuit è come una sequenza su un set o una scena teatrale…
Si, la performance vuole essere una dimostrazione della versatilità che il sistema offre. Nella nostra vita, ogni giorno, e differente dall’altro. La nostra ambientazione cambia, anche il nostro umore cambia. Quindi, vogliamo cambiare la configurazione all’interno degli ambienti in cui viviamo per riflettere e adattarlo a tutto questo. Un set teatrale in continua evoluzione e in grado di cogliere perfettamente questo aspetto.
Se ho capito bene, lei preferisce progettare un’illuminazione ambientale più che un singolo prodotto, come ha fatto in questo suo ultimo progetto. È così?
Esatto. La nostra vita e in continua mutazione e ciò che accade all’interno di uno spazio cambierà nel corso degli anni. Non è mai lo stesso. L’idea e che, specialmente negli interni open space, o quando si collegano stanze diverse, si possa avere un unico binario che riesca a catturare tutti i tipi di luci in una sorta di disegno al tratto, a mano libera. Il risultato vuole essere un qualcosa che è decorativo oltre che funzionale, come le modanature in gesso del passato ma interpretate in modo contemporaneo.
Perché ha iniziato a progettare l’illuminazione?
Sono sempre stato affascinato dall’illuminazione. Ciò che mi attrae della luce e la sua unicità. Un oggetto luminoso e molto diverso da qualsiasi altro, sia che si tratti di un oggetto destinato alla tavola o di un pezzo d’arredo, in quanto vive tra due scenari completamente diversi: quando la luce e spenta e quando e accesa. E una cosa molto concreta. Ciò che accade nel momento in cui si accende la luce e una magia. Si accende la poesia! Perché il volume dello spazio che occupa attraverso la luce, le ombre e i riflessi, tutto cambia. Smette di essere un oggetto scultoreo statico. Come designer stai consapevolmente progettando per queste due diverse impostazioni. L’ottanta per cento della vita di una lampada e a luce spenta e il venti per cento e a luce accesa. Penso che sia molto stimolante poterne abbracciare entrambi gli aspetti poiché non stai progettando solo una forma ma stai progettando due cose diverse.
Poi questo concetto si sviluppa in nuove tipologie di lampade?
È la struttura, lo sfondo e il cuore del mio approccio come lighting designer. Da lì in poi, tutti i pezzi che creo si confrontano con nuove altre qualità.
Cosa crede che accadrà nel modo di utilizzare la luce dopo questa sorta di pausa di transizione, questo periodo appena trascorso?
L’idea di cui ho parlato prima – che le cose cambiano – vale anche per il presente e, inoltre, sono convinto che si debba davvero abbracciare il cambiamento, accettare nuove idee, esplorare nuovi modi di vivere. Non si può essere nostalgici del cambiamento, perché il mondo e diverso ogni giorno e sarà davvero diverso. La distruzione del pianeta e inevitabile in un certo senso, ma in qualche modo, qualcosa di diverso avrà luogo. Non credo che possiamo essere romantici riguardo a ciò che abbiamo perso in passato, perché lo sperimenteremmo ogni giorno e sarebbe molto doloroso. Piuttosto che pensare che sia un peccato che le cose siano diverse rispetto a venti, cento anni fa, dovremmo, invece, concentrarci sugli aspetti positivi e cercare di conservare determinati valori e qualità sia che si tratti di poesia o di qualsiasi cosa che arricchisca la nostra vita rendendola interessante. Non si può mai tornare indietro, non si può mai riavvolgere il nastro e cercare di avere nostalgia delle qualità perdute. Siamo qui per un periodo di tempo definito e abbiamo la responsabilità di lasciare questo posto migliore di quello in cui siamo arrivati. Si possono perdere altre cose lungo la strada ma dobbiamo conservare la bellezza.
Qualcosa di più personale, lei è noto per collezionare pietre…
Sono sempre stato incuriosito dal ruolo della natura come designer e coltivo l’idea di scoprire o trovare bellezza e di ricercare la perfezione della forma. Sono sempre affascinato da come la perfezione possa esistere naturalmente. In natura ci sono pietre dalle forme meravigliose o disegnate come oggetti fatti dall’uomo in un modo tale che non è difficile credere che si siano formate accidentalmente in quel modo.
Come si relaziona con i suoi prodotti o con il pubblico che usa il suo prodotto?
E una grande sorpresa! Come designer e incredibile perché dal momento in cui rilasci un prodotto, la tua responsabilità cambia. Non puoi modificarlo, non puoi più fare nulla. La tua funzione e finita. Inizi a vedere e scoprire cose a cui non avevi mai pensato, perché il tuo prodotto tocca tutti in modo diverso. Pertanto, dal momento in cui altre persone decidono di usarlo in modo diverso o di vedere qualcosa di diverso attraverso di esso, non hai più alcun controllo. Questo e il bello del design! E quell’elemento di imprevedibilità a cui non si pensa. Noi possiamo solo pensare ad alcune cose e, cosi, anche qualcun altro può partecipare alla tua idea e può prendere questo prodotto e fare qualcosa di nuovo. Mi piace osservare come le persone usano i miei oggetti.
AUTHOR
Monica Moro
Collabora a LUCE dal 2014, scrive di architettura, design e colore. Nata in Svezia, dove ha insegnato per diversi anni design all'Università LNU. Cultore presso il Politecnico di Milano. La sua formazione architetto e industrial design Domus Academy, ha collaborato con Andrea Branzi. Designer freelance e ricercatrice sul colore e la valorizzazione del patrimonio culturale. Passione coltivata lo Yoga
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