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Quando la luce colpisce. Le fotografie di Giacomo Vanetti in dialogo con due sculture in bronzo di Giancarlo Sangregorio – Fondazione Sangregorio Giancarlo, Sesto Calende (VA)
By Jacqueline Ceresoli
Pubblicato il
Giugno 2024
INDICE
Una gita al lago, alla scoperta della Fondazione Sangregorio Giancarlo a Sesto Calende (VA) vale un viaggio anche per vedere la mostra Quando la luce colpisce in cui sono esposte le fotografie di Giacomo Vanetti in dialogo con due sculture in bronzo di Giancarlo Sangregorio, a cura di Claudio Composti, ospitata negli spazi dell’Atelier Hatman, un edificio stile Alvar Aalto incastonato nel verde lussureggiante di un paesaggio mozzafiato (fino al 16 giugno).
Obiettivi della mostra: intermittenze tra luce e scultura, assenza e presenza
La mostra, ideata con il patrocinio del Comune di Sesto Calende, presenta una mirata selezione di fotografie nate da un sotteso dialogo tra le sculture in bronzo degli anni Cinquanta di Giancarlo Sangregorio, attivo negli anni del movimento informale, con le fotografie di Giacomo Vanetti.
L’obiettivo è di creare cortocircuiti visivi, poli magnetici tra negativo e positivo, pieno e vuoto, forma plastica ed essenza luminosa. Come scrive nel testo introduttivo dell’esposizione Claudio Composti: “Cosa unisce, in un dialogo apparentemente azzardato, un fotografo e uno scultore, distanti non solo per generazione, come Giancarlo Sangregorio (Milano 1925- Sesto Calende 2013) e Giacomo Vanetti, classe 1974? L’uso della luce. Come fascio luminoso rivela le immagini in camera oscura, così gioca con le superfici delle sculture, creando profondità con ombre”.
Giacomo Vanetti, varesino doc, laureato al Politecnico di Milano in Grafica e Comunicazione visiva nel 2001, ha frequentato anche l’Accademia di Belle Arti di Granada, dove si è diplomato in litografia, e ha seguito corsi di fotografia, serigrafia e incisione edal 2019 è docente di fotografia stenopeica. In questa mostra supera la barriera tra i generi per confrontarsi con il bronzo, cogliendo l’essenza delle sculture di Sangregorio, di quelle volte alla sottrazione della materia e astrazione formale, prodotte nella fase che è stata definita dai critici “rovesciamento della forma”. E quando la scultura viene attraversata dalla luce, il vuoto prende forma plastica e la parte invisibile interiore diventa esterna. Tale processo di sottrazione dalla materia all’essenza, quasi Zen, culmina nelle fotografie di Giacomo Vanetti, interessato al corpo umano, al movimento in relazione allo spazio, non come fine, bensì come presupposto per sperimentare processi stampa innovativi di matrice analogica e digitale insieme.
Così intorno alla dialettica assenza-presenza, come per magia appaiono dal buio corporeità luminose (www.giacomovanetti.com).
Dal dialogo luce/scultura/musica nascono forme dinamiche disegnate dall’energia
Le immagini di Vanetti esposte nella casa–studio di Sangregorio, tratte dal progetto intitolato When it this, sono affiancate da una installazione ambientale con una sonorizzazione prodotta dal trio italo svizzero Niton (www.niton.space), noto per che l’uso della luce/scultura/musica, che innesca un virtuoso processo di svelamento e sparizione di nuove entità luminose capaci di ridefinire il buio, attraversate da intermittenze, vettori di energia, come materia di riflessione tra essere e non essere. Ridefinire le forme con il laser significa attraversare paesaggi e passaggi dalla luce alle tenebre, dalla vita alla morte e viceversa; e in questa videoinstallazione immersiva tutto è sinestetico.
Nella ricerca sonora del trio Niton, attivo dal 2012, la musica elettronica attua connessioni tra diverse tecniche e linguaggi, dando luogo a performances di luce, in cui si manifesta un “neoluogo” visibile nella e con la luce, dove misteriose sagome antropomorfiche emergono dal nulla. Saettanti filamenti di luce blu ridisegnano in modo unitario e più veloce, coeso, fluido, uno spazio digitale in cui due corpi appaiono come essenza dinamica “scolpiti” dall’energia.
Fondazione Sangregorio: uno scrigno di bellezza
Giancarlo Sangregorio ha lavorato e vissuto a Sesto Calende (VA), ha frequentato l’Accademia di Brera ed è stato allievo di Marino Marini, la sua ricerca è incentrata sulle potenzialità espressive dei materiali, in particolare pietra delle cave dell’Ossola, ceramica, bronzo, marmo delle Apuane e legno. Lo scultore, amante di viaggi all’estero, ha soggiornato a lungo a lungo, ha conosciuto artisti della sua generazione e ha avuto uno studio. Tra un viaggio e l’altro, Sangregorio ha collezionato sculture di arte primitiva africana, dall’Oceania e da Papua Nuova Guinea e altre sculture di provenienza orientale, tra le tante spiccano maschere che sarebbero piaciute a Pablo Picasso, esposte nella sua Fondazione costituita nel 2011 per volere dell’artista stesso, con l’obiettivo di creare un centro d’arte contemporanea dove il passato non diventa tale se dialoga con artisti del presente. Sangregorio ha nominato erede universale l’ente no profit, concedendogli in qualità di unico erede il suo
cospicuo patrimonio artistico, comprensivo di più di duecento sculture, ì oltre un migliaio di opere grafiche, centinaia di disegni, opere donate da artisti suoi amici, tra cui Baj, Fontana, Raciti, Rotella, Scanavino e molti altri.
La sua casa-studio è un’opera d’arte di per sé, un’architettura realizzata alla fine degli anni Cinquanta con uno spazio esterno di circa 40.000 metri comprese le zone boschive e che si estende all’Atelier espositivo, dove attualmente c’è la mostra personale di Giacomo Vanetti, uno spazio sui generis affacciato sul lago, ispirato all’architetto finlandese Alvar Aalto. E in questo magico luogo, osservando il paesaggio, si comprende perché l’acqua e l’aria hanno in comune la luce, quella intensa lacustre che attraversa tutte le stanze della sua casa-studio, dove anche i mobili sono parte integrante del modus operandi di uno scultore ancora poco conosciuto al grande pubblico, ma da scoprire [email protected].
AUTHOR
Jacqueline Ceresoli
Storica e critica dell’arte. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente. Collabora con diverse testate di architettura e arte. Il suo ultimo libro è Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Meltemi Linee (2021). Scrive su LUCE dal 2012 e tiene la rubrica Light art da quando l’ha proposta al direttore diversi anni fa.
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