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L’Alta Moda è un sogno che nasce dal Cuore alle Mani. L’Universo Dolce & Gabbana racchiuso in dieci stanze delle meraviglie con una mostra imperdibile a Palazzo Reale di Milano
By Cristina Tirinzoni
Pubblicato il
Luglio 2024
Sindrome Dolce e Gabbana. Come Stendhal, per eccesso di godimento estetico si prova quasi un (piacevolissimo) senso di vertigine, stupore, meraviglia, stordimento, coinvolgimento totale di tutti i sensi, di fronte alla improvvisa grande bellezza di una creatività illimitata che si spalanca davanti ai nostri occhi attraversando le dieci stanza delle meraviglie della mostra Dal Cuore alle Mani, superbamente allestita a Palazzo Reale di Milano (visibile fino al 31 luglio) e prima tappa di un tour che in futuro toccherà altri centri internazionali) per celebrare i 40 anni di attività della maison Dolce e Gabbana che proprio qui, a Milano, dove Stefano Gabbana è nato e dove Domenico Dolce è arrivato giovanissimo da Palermo, ha avuto inizio. Una mostra evento di roboante e visionaria opulenza. Promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale in collaborazione con IMG e curata da Florence Müller, docente e autrice di fama internazionale, già direttrice dell’Union Française des Arts du Costume al Musée des Arts Décoratifs di Parigi e curatrice Moda e Arte Tessile al Denver Art Museum.
Una dichiarazione d’amore alla cultura italiana, ispirazione e musa dello spirito del marchio sin dalle sue origini, che ripercorre lo straordinario processo creativo dei suoi fondatori: dall’ispirazione del cuore da cui scaturiscono idee immaginifiche alla sapienza delle mani dell’eccellenze artigiane capace di trasformare visioni in realtà tangibili, in quella forma che astrattamente chiamiamo bellezza e che praticamente indossiamo chiamandolo “abito”.
Un Grand tour tra le molteplici fonti di ispirazione dei due celebri stilisti, che spaziano dall’arte all’architettura, dalla musica al cinema, in cui i molteplici linguaggi della creatività sono posti in dialogo con le creazioni uniche delle collezioni Alta Moda, Alta Sartoria e Alta Gioielleria (rigorosamente fatte a mano) firmate Dolce&Gabbana, in un suggestivo gioco di rispecchiamenti. Dove la tradizione incontra la voglia di sperimentare.
È una festa: di invenzioni, di manualità, di lavorazioni, di tessuti, di immaginari e di immaginazioni. Una vera e propria apoteosi di luminarie che spiccano sfavillanti sugli abiti in forma di cristalli e pietre colorate, su scarpe-gioiello, orecchini a goccia pendenti chandelier. Tutto si mescola e si trasforma: sacro e profano, il mito e i mosaici bizantini, l’arte sacra, l’architettura, l’opera lirica, il cinema. Il Gattopardo. I carretti siciliani. Gli specchi sontuosi, le maioliche colorate, le opere d’arte rinascimentali, la magnificenza del bianco degli stucchi barocchi
È un’eccitazione continua dello sguardo, in un crescendo di emozioni, di colori, di immagini, di visioni inattese. Una tipologia di sguardo diversa da quella che pratichiamo nel nostro quotidiano: è un guardare a lungo con stupore e meraviglia la vertigine della bellezza. In ogni dettaglio. Trabocca ovunque la bellezza, la gioiosa, allegra opulenza del bello, nella sua scenografica immaginifica teatralità che diventa racconto, narrazione e mitizzazione di qualcosa che già di per sé è spettacolare: Alta Moda, Alta Sartoria e Alta Gioielleria che sono anche spettacolo e nutrono l’immaginario collettivo. Questa mostra è la storia di chi crede ancora nel sogno, nella sovversiva opulenza della bellezza, nella unicità dell’essere, in un mondo invaso dalla massificazione e dall’omologazione. Un’inclinazione all’immortalità.
Dieci stanze della meraviglia
Un ruolo decisivo lo svolge l’allestimento, curato – insieme a Civita Mostre e Musei – da Filmmaster. Dieci stanze delle meraviglie. Ogni stanza è unica. Ha il suo tema, la sua luce, la sua scenografia, la sua colonna sonora. Spostandosi da una sala all’altra, passando attraverso delle pesanti tende di velluto, ogni volta è una sorpresa inaspettata. Un wow di meraviglia e di stupore.
Si scosta una tenda, e nella prima sala si viene travolti da un trionfo di colori accompagnati dal suono continuo di un cuore che batte. E per magia appare una grande galleria con soffitto a specchi, ispirata allo splendore della veneziana Scuola Grande di San Rocco, che ospita le più belle opere di Tintoretto. L’effetto è potente e immediato. Le pareti completamente rivestite di quadri esposti in sontuose cornici: i dipinti sono di Anh Dung, pittrice franco-americana con origini spagnole e vietnamite, e raffigurano l’artista vestita con abiti emblematici della maison. Al centro, sopra a un podio nero, sono esposti capolavori di alta moda che sono un omaggio di Dolce e Gabbana a città italiane e che fanno ricordare il grand tour di una volta: Milano, Venezia, Firenze, Roma, Capri, Napoli. Un’apoteosi del “fatto a mano” tra inserti di pizzo e bordi di zibellino, motivi a chevron e broccati lurex, fili metallizzati e tubolari in mikado. Tum Tum Tum è anche il nostro cuore che batte forte rapito da un allestimento sontuoso, magico, sospeso fra visione, sogno e realtà.
E lascia nuovamente senza fiato la seconda sala, immersa nel nero, in sottofondo si sente il rumore di vetri e specchi che si frantumano a terra. Poi scoppia il temporale in uno straordinario gioco di luci. La sala come il cielo nero si illumina di lampi. Un’esplosione di scintillii di cristalli in un tripudio di brillantezza e meraviglia. Un mare di lampadari di cristalli di alto artigianato appesi al soffitto: lavorazione dei maestri vetrai Barbini (tra i rinomati maestri specchieri veneziani convocati per contribuire alla decorazione della maestosa Galleria degli Specchi a Versailles) che richiamano le lavorazioni degli abiti con inserti di lurex, perle, specchietti, fiori di plexiglas, cannette di vetro che proiettano a loro volta giochi di luce che si intersecano tra loro, in un arcobaleno di riflessi brillanti. La luce è nel DNA di Dolce e Gabbana. Come non ricordare la collezione uomo Light therapy per la primavera estate 2022 presentata a Milano sulla passerella scintillante, arricchita da luminarie? Ricami pailettes cristall: la sfilata del 2022 era stata tutto un luccicare, “La luce è gioia di vivere”, Domenico Dolce e Stefano Gabbana invitano a utilizzare la luce per illuminare un futuro ottimista, dopo il buio del lockdown. Sullo sfondo di luminarie colorate hanno sfilato gli 87 capi unici dell’Alta Moda di Dolce&Gabbana tra gli inconfondibili trulli di Alberobello, nel luglio 2023.
A seguire, entriamo nel salone da ballo (meticolosamente ricostruito) di Palazzo Valguarnera-Gangi, a Palermo, dove sono state girate le celeberrime sequenze de Il Gattopardo, di Luchino Visconti nel 1963, un film leggendario pluripremiato e tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, (per gli stilisti quintessenza della fusione tra tradizione e una visione audace del futuro), arricchita da quattro specchi che riflettono le scene del famoso ballo (con Claudia Cardinale, Burt Lancaster, Alain Delon); tra antichi candelabri, sedie d’oro e di velluto rosso e giganteschi candelabri dorati.
Si ammira con stupore l’abito principesco su base bianca, dal lungo strascico, stretto sul busto, un cuore stampato nel centro del corpetto, la gonna ampia, su uno sfondo azzurro che sembra ricordare il cielo, è adornata di figlie verdeggianti e limoni, simboli mediterranei, e sono rappresentati due gattopardi con sotto la scritta in corsivo “Fummo i gattopardi”, celebre frase tratta dal romanzo. Sound track: il valzer composto da Nino Rota su una partitura inedita di Giuseppe Verdi, il cui manoscritto era stato regalato al regista Luchino Visconti.
Cambio di scena con la stanza dedicata al tema della devozione, l’iconografia del sacro, da sempre fonte d’ispirazione dell’estetica del marchio, dove il tema è il cuore sacro rimembranza di ex voto (declinato nei vestiti e nei gioielli esclusivi, la borsa più esclusiva si chiama Devotion). Per Stefano e Domenico il concetto di devozione incarna anche il sentimento che accompagna il loro lavoro creativo, inteso per l’appunto come dedizione assoluta alla bellezza, all’artigianalità, alla ricerca della perfezione in ogni dettaglio.
Al centro della stanza, come un prezioso tabernacolo posto sull’altare di una chiesa, un abito superbamente scenografico, la decorazione in rilievo in oro spicca sul nero del mantello e dello sfondo della stanza e del pavimento in marmo. Uno splendore travolgente che sprigiona voluttà, sensualità e fervore mistico.
La quinta sala, a metà percorso, come simbolica stella polare, è dedicata alla Sartoria, dove tutto prende forma con l’eccellenza dell’artigianalità. Uno spazio che riproduce fedelmente gli ambienti della sartoria e dei laboratori della casa di moda. “Noi abbiamo avuto una sartoria interna fin dal primo giorno, come quella dove sono nato e cresciuto e in cui conservo ancora lo specchio originale dell’atelier di mio padre e l’immagine di una Madonna regalata al mio papà da un arcivescovo”, ha raccontato in conferenza stampa Stefano Dolce. Una fantasia di perline, paillettes, cristalli, tessuti, decorazioni, fiori, applicazioni di ogni genere e colore che vengono sapientemente cuciti a mano per dar vita ad un’opera d’arte.
E poi ci si trova immersi nell’arte rinascimentale. Si spalanca una sala lunga rettangolare che riprende l’architettura di Palazzo Farnese, una delle quattro meraviglie di Roma. Pavimento di velluto nero, un’installazione immersiva che utilizza il videomapping per creare un dialogo tra gli incantevoli affreschi, stagliati nell’azzurrità inondata di luce, che ornano la Sala Grande di Palazzo Farnese, realizzati da Annibale Carracci a fine Cinquecento, e le creazioni Alta Moda di Dolce e Gabbana, ispirate ai grandi maestri dell’arte italiana. Celebri dipinti di Raffaello, Tiziano, Botticelli sono ricamati a filo sulle giacche, cappotti, abiti sontuosi. Un gioco di raffinati parallelismi, tra Alta Moda, pittura e architettura italiana. “Costruire un abito è come progettare una scenografia indimenticabile”.
La luminosità abbagliante della Sicilia (terra natia di Domenico Dolce, fonte inesauribile di ispirazione) con l’intensità dei colori che la contraddistinguono esplode nella settima sala in tutto il suo splendore. Tutto è sole, luce, allegria. Ci sono i carrettini siciliani, i colori forti delle maioliche che diventano spunto per abiti coloratissimi, accessori e attrezzature per la casa come frigoriferi e moka. Troneggia al centro il Carretto Siciliano, in legno dipinto da Salvo Sapienza, nella sua bottega a Catania emblema simbolo di intere campagne di comunicazione Dolce&Gabbana Alta Moda. Le meravigliose piastrelle sono frutto dell’abilità artigianale della prestigiosa bottega Ceramica Bevilacqua, di proprietà dei fratelli Antonio e Giuseppe Bevilacqua che ha sede a Caltanissetta
Da questa fantasmagoria di colori si passa a un’emozionate sala monocolore dedicata al Barocco Bianco. Un trionfo di bianco su bianco ci accoglie con il suono delle campane a festa. È un omaggio degli stilisti al genio di Giacomo Serpotta, massimo stuccatore di ogni tempo a cui si deve la tecnica dell'”allustratura”, cioè uno strato finale di grassello e polvere di marmo che conferisce alle opere in stucco la lucentezza e la levigatezza tipiche del marmo. Gli splendidi panneggi serpottiani, su cui si arrampica una turba di putti festosi, gioiosi e carnali, eterei e leggeri, sculture di nuvola e panna (che si possono ammirare in chiese e oratori di Palermo), ingaggiano un suggestivo dialogo con gli abiti-sculture della collezione Alta Moda Stucchi e si fondono con lo spazio circostante creando un’atmosfera di mistica armonia cosmica.
Sala Nona: le Divinità in sogno. Immersi nell’atmosfera di un tempio ispirato alla Valle dei Templi ad Agrigento, con le colonne doriche che si spingono fino all’Olimpo, gli dei e le dee di Dolce&Gabbana, le superbe creazioni Alta Moda – tuniche drappeggiate, pepli, completi ricamati con intarsi di broccati lurex – evocano l’apparizione della antiche divinità greche, illuminate dalla luce dorata, nel momento più suggestivo tra il crepuscolo e il calare della notte, gli intramontabili miti della classicità, che per secoli hanno continuato ad affascinare poeti, pittori. Il sound track, il sontuoso Tema di Jill, una delle più suggestive composizioni di Ennio Morricone per il film C’era una volta il West, evoca come in un gioco di rimandi a un’altra epopea leggendaria: il mito della frontiera, degli orizzonti sconfinati che sussurravano anche un’idea di infinito, e divennero il simbolo della infinita libertà e speranza.
Anche l’Opera è stata fonte di ispirazione per Domenico Dolce e Stefano Gabbana e sembra di assistere a una rappresentazione quando si entra nella sala dedicata, tra innumerevoli creazioni ispirate alle Opere più amate dagli stilisti, dall’Aida al Rigoletto, a Madama Butterfly. A fare da colonna sonora sono le note del suggestivo interludio sinfonico della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni con cui da sempre, sin dalla prima, aprono le loro sfilate di Alta Moda.
Infine, la sala in più: l’omaggio alla città di Milano, con l’abito che rappresenta la Madonnina del Duomo, realizzato in pizzo macramè dorato e ulteriormente impreziosito da gioielli in filigrana d’oro. In conferenza stampa Domenico Dolce raccontava che quando è venuto a Milano ha chiesto alla Madonnina di non rimandarlo in Sicilia e di farlo restare qui. E lei l’ha ascoltato. “Abbiamo sempre saputo che questa mostra apparteneva a Milano — Qui è nato tutto, e ora siamo ritornati qui, proprio sotto la Madonnina a fare un punto, come un cerchio perfetto che si chiude”.
AUTHOR
Cristina Tirinzoni
Cristina Tirinzoni, laureata in scienze politiche, giornalista professionista di lungo corso, ha collaborato con le maggiori testate femminili, occupandosi delle pagine di cultura, libri, teatro, arte. Convinta che la bellezza (forse) salverà il mondo e che non si finisce mai di scoprire e di raccontare grandi e piccoli costruttori e seminatori di bellezza. Ha pubblicato due libri di poesie Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni) e Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore)
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