Eventi
“Nel tempo Opere della collezione Panza di Biumo”, la mostra a Villa Panza a Varese
By Jacqueline Ceresoli
Pubblicato il
Luglio 2024
Non è il caso di perdere il tempo, meglio viverlo nell’arte della riflessione sul come vivere se nel presente o proiettati nel futuro, perché il tempo sfugge, stringe e si riavvolge tra infinite variazioni soggettive. Sant’Agostino nelle sue Confessioni scrive: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so bene; se qualcuno me lo chiede, non lo so non lo so più”. Un modo per pensare al tempo nell’arte c’è, basta andare a Villa Panza, Varese, per vivere un pomeriggio d’estate in una dimora incantevole del secondo Settecento, bene del FAI (Fondo Ambientale Italiano), donata nel 1996 dai mecenati e collezionisti Giuseppe e Giovanna Panza con un’ampia raccolta di arte contemporanea, dove il tempo si vive nel piacere e nel desiderio del futuro. Nell’arte concettuale il tema del tempo è al centro della riflessione filosofica intorno all’immateriale e l’intangibile, l’essere e il nulla; diventa un presupposto per parlare dell’esistenza compresa tra la vita e la morte.
La mostra
La mostra Nel tempo Opere della collezione Panza di Biumo, a cura di Gabriella Belli, in qualità di curatrice delle attività espositive e culturali del FAI – Fondo Ambientale Italiano ETS, con la collaborazione di Marta Spanevello, comprende cinquantanove opere di ventitré artisti provenienti dalla donazione Panza del 2022 e dalla Panza Collection di Mendrisio. L’esposizione sofisticata richiede tempo di riflessione e rispecchia il gusto e lo spirito del Conte Panza, affascinato della “quarta” dimensione (fino al 6 gennaio 2025).
Non a caso la direttrice uscente dei Musei Civici di Venezia, subentrata alla precedente direttrice Anna Bernardini, con questa mostra intreccia dialoghi con il Conte proprietario della collezione più invidiata al mondo, attraverso opere di grafica, pittura, calligrafia e fotografia, da fruire in silenzio per meditare sul e nel tempo in una incantevole Villa incastonata nel verde, dove tutto è pace, bellezza e armonia.
Le opere concettuali sono per lo più di proprietà della famiglia Panza di Biumo; una di Piero Fogliati è stata donata dall’autore, le altre, proprietà del FAI, sono opere di artisti che ci invitano a riflettere su causa ed effetto dei fatti che succedono nel tempo; e qui ciascuno di noi fa il suo viaggio dentro il ritmo dell’esistenza.
La mostra si snoda intorno a due registri narrativi il tempo della realtà, lineare e sequenziale, e il tempo eterno, in cinque sezioni della mostra: il senso (del tempo), la durata (del tempo), i luoghi (del tempo), il rumore (del tempo) e l’esperienza (del tempo), un’opportunità per interrogarci su qualcosa di immateriale, oltre l’inafferrabile danza delle ore. Il visitatore è aiutato da un podcast esplicativo di ogni opera esposta. Dal lavoro di apertura Time study (2000), di Gregory Mahoney, una composizione di lettere romane in acciaio ossidato che forma la frase “time exist in the mind”, subito capiamo che il tempo è oggettivo e soggettivo insieme, e tutto dipende dal nostro sguardo e attenzione.
Siamo noi che dobbiamo dialogare in modo soggettivo con i dettagli e le associazioni che le opere esposte suggeriscono e, quando entriamo in empatia con esse, in quel preciso istante il tempo rallenta, perde la sua variabile fisica e ci conduce in un viatico spirituale, senza tempo.
Nella sezione della durata (del tempo) è emblematica l’opera di On Kawara, One million years, serie iniziata nel 1993 comprensiva di dieci libri contenenti in ordine cronologico un milione di anni scritti sotto forma di data, un modo per esorcizzare la paura del passare dei giorni, minuti, istanti. Quest’opera sarà al centro di una performance dal vivo aperta al pubblico su prenotazione a [email protected]
A Villa Panza c’è un tempo scandito di parole scritte che insieme a immagini, suoni e oggetti ci predispongono all’analisi delle cose che percepiamo con i nostri sensi per indagare il loro significato. Gli artisti scelti condividono la visione dell’arte come speculazione filosofica, in cui il tempo è cambiamento, velocità, passato, presente e futuro, ma è anche contemplazione, riflessione, nostalgia, ricordo, meditazione sospensione dal tempo fisico.
Grazie a Vincenzo Agnetti, Michael Brewster, Pier Paolo Calzolari, Cioni (Eugenio) Carpi, Lawrence Carroll, Hanne Darboven, Grenville Davey, Walter De Maria, Stephen Dean, Jan Dibbets, Piero Fogliati, Allan Graham, Ron Griffin, Susan Kaiser Vogel, On Kawara, Joseph Kosuth, Gregory Mahoney, William Metcalf, Maurizio Mochetti, Franco Monti, Robert E. Tiemann, Franco Vimercati, Ian Wilson, si percepisce il tempo del pensiero sull’arte concettuale, come prassi dello spirito.
E, che cos’è l’arte concettuale se non una riflessione sull’intangibilità del tempo che per ognuno è soggettivo? Ogni opera esposta proverà a darvi qualche risposta e a porvi molte domande.
La mostra richiede tempo di osservazione, per cogliere associazioni tra linguaggi e tecniche diversi, sottesi rimandi metaforici che ciascuna opera contiene, per leggere l’invisibile tra un segno e l’altro, tra le ombre e gli oggetti, in cui vivere, guardare e pensare coincidono.
Viaggio nella cultura del tempo e oltre a Villa Panza
Gli artisti che hanno insistito sull’aspetto lineare e progressivo del tempo sono Hanne Darboven, On Kawara, Jan Dibbets, Franco Vimercati, Walter De Maria, Cioni Carpi, Maurizio Mochetti e Robert Tiemann. Sono curiosi i telegrammi di Vincenzo Agnetti e Pier Paolo Calzolari. Ian Wilson è presente con Discussion 1994, scritta in copia unica e controfirmata che certifica un incontro tra l’artista e Giuseppe Panza, una testimonianza temporale del loro rapporto. Nella scuderia piccola, c’è The Eighth Investigation, Proposition 3 (1971), di Joseph Kosuth: qui tutti possono sedersi intorno al grande tavolo e compiere l’azione del tempo sfogliando i quaderni esposti, mentre le lancette di 24 orologi appesi alle pareti scorrono con orari diversi. Il rumore è oggetto di riflessione nelle opere di Michael Brewster e Pietro Fogliati che danno peso specifico al silenzio con vibrazioni sonore. In particolare in Anemofono (1973) di Pietro Fogliati, esposto nella sala a lui dedicata, i suoni emessi hanno una durata e un ritmo e si sviluppano in una sequenza temporale, ma bisogna prendersi il tempo, stare lì per ascoltare strumenti che rompono il silenzioso fluire del tempo.
AUTHOR
Jacqueline Ceresoli
Storica e critica dell’arte. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente. Collabora con diverse testate di architettura e arte. Il suo ultimo libro è Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Meltemi Linee (2021). Scrive su LUCE dal 2012 e tiene la rubrica Light art da quando l’ha proposta al direttore diversi anni fa.
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