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Giuliana Cuneaz, Costellazione, Led, metacrilato, 72,5x150x7 cm, 2023. Photo Courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna

Biennale Light Art – Casa del Mantegna a Mantova. La scienza della luce e la dottrina del buio

By Jacqueline Ceresoli
Pubblicato il
Ottobre 2024

Filippo Avalle, Occhio, Scultura stratificata in metacrilato con movimentazione di luci led e (programma Arduino). Diam. 27 x 7 cm, 2011. Photo courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna

La luce è la quinta essenza del buio, nasce dall’oscurità, è materia fluida adattabile a diversi contesti interni ed esterni, è conoscenza, rivelazione e relazione di metafisiche corrispondenze tra luogo, fruitore, simbolo, memoria, identità; e dove c’è luce, c’è un’atmosfera di festa, vita, presenza di comunità.

La quinta edizione della Biennale di Light Art a cura di Vittorio Erlindo, come sempre ospitata a Casa del Mantegna a Mantova, quest’anno in versione ridotta rispetto alle precedenti, presenta 16 artisti chiamati a confrontarsi sul tema “La scienza  della luce e la dottrina del buio”, per ricordarci che in assenza di luce, vivendo nel buio, come accade in Ucraina, a Gaza, in Libano e in altri Paesi devastati dalle guerre e privati dall’elettricità negli ospedali, scuole, case e in città, tutto è paura, angoscia e disperazione.

Le opere di Avalle Filippo, Bavier, Antonio Barrese, Fabrizio Bellafante, Davide Maria Coltro, Waltraut Cooper, Cuneaz Giuliana, De Leo Mario, Nicola Evangelisti, Emilio Ferro, Elia Festa, Garmash Radislava, Fardy Maes, Vincenzo Marsiglia, Pietro Pirelli e Marilena Vita e una serie di conferenze gratuite, tenute dagli artisti stessi e altri autori, accenderanno riflessioni sulla luce nell’arte contemporanea fino al 15 dicembre 2024, data di chiusura della rassegna (www.biennalelightart.it).

Nicola Evangelisti, Nature, Video installazione in coll. con il compositore Nicola Evangelisti e Cerca Persa Visual Design, 118 x 197 x 7 cm, 2024. Photo Courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna
Giuliana Cuneaz, Costellazione, Led, metacrilato, 72,5x150x7 cm, 2023. Photo Courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna

Percorso espositivo: immersione tra Arte e Scienza e altre progettualità

Antonio Barrese, Intervallo del visibile, Diapositiva analogica 6x6 e Light Box retroilluminato, 8x8x4 cm, 2024. Photo courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna

Al piano terra della Casa del Mantegna si susseguono, stanza dopo stanza, opere tutte diverse, per lo più a muro, alcune del 2024 e altre precedenti, pochi gli ambienti immersivi, ma in generale tutte sulla soglia dell’ignoto e la vertigine dell’alterazione percettiva. Questa versione ristretta dipende dal fatto che al primo piano c’è una mostra sul Mantegna a cura del Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Mantova e, come ha dichiarato il curatore, “Nel 2026 il piano superiore sarà libero per la Biennale, inoltre con la Provincia e diversi Comuni dell’Alto Mantovano stiamo progettando una mostra diffusa di opere di luce che esporremo il prossimo anno”.

La stanza di Filippo Avalle dedicata a La storia dell’uomo riccio di Anna Politkovskaja, l’opera in progress che ha ospitato performance di lettura di poesie di Helma Massen (il 5 e 6 ottobre), per fare luce sulle verità scomode denunciate dalla giornalista trovata morta nell’ascensore del suo palazzo a Mosca il 7 ottobre del 2006 e per riflettere su come potremmo un domani “abitare poeticamente il mondo”.

Nella sesta sala il musicista e artista visivo Pietro Pirelli incanta con le sue Idrofonie, immagini scolpite dall’acqua in cui il divenire musicale si assesta in scatti fotografici davvero ipnotici, quasi icone di una imminente armonia cosmica di un Parnaso delle arti. Sono note le sue Epifanie sonore in cui l’artista, attraverso suono, acqua, onde, immobilizza il divenire musicale in opere che comprendono la complessità dell’Universo, senza rappresentarlo. Innovazione e storicismo sono convergenti nelle ultime due sale dell’esposizione, dove si trovano opere storiche di Antonio Barrese, fondatore nel 1964, insieme a Gianfranco Laminarca, Alfonso Grassi e Alberto Marangoni, del Gruppo MID (Mutamento-Immagine-Dimensione), nato sull’eredità dell’Arte Cinetica e Programmata italiana, sostenitore di una verità indiscutibile, ovvero che innovare significa proporre ciò che ancora non c’è, ma che sarebbe necessario al mondo che immaginiamo. E questa è la missione dell’Arte: dare forme all’impossibile, con opere in cui Arte, Scienza e Progettualità sono un tutt’uno, come documenta il Design.

Attraversando le sale espositive lo spettatore si immerge in una estensione spaziotemporale straniante in cui il segno luminoso, il suono e anche essenze olfattive configurano dimensioni polisensoriali con la complicità del buio, dove si accende l’immaginazione e si origina tutto.

Emilio Ferro, Halo 22, Metallo, vetro, parti elettrice, lente, algoritmo, 63x24,5x141 cm, 2023. Foto di Jessica Quadrelli, Courtesy Biennale Light Art 2024, Mantova, Casa del Mantegna

Chiediamo a Vittorio Erlindo di definire meglio i suoi obiettivi e la sua metodologia in questa breve intervista.

La luce è simbolo universale di vita, speranza bellezza e, oggi più che mai, un auspicio di pace e armonia, che dovrebbe indicare uno spiraglio di un qualcosa ancora non visibile per mostrare una via, un viatico di attraversamento dell’oscurità. Perché ha intitolato questa Biennale "Scienza della luce e la dottrina del buio"? Per lei la luce è solo scienza?

No anzi! Per me la luce non è solo scienza, è vita, conoscenza. Senza la luce non si sarebbero forse scritti molte delle poesie e dei romanzi che oggi possiamo leggere. Forse scritti al lume di una candela, di notte, quando il buio e il silenzio inducono alla concentrazione i poeti e gli scrittori. Ma senza luce oggi non sapremmo come fare e cosa fare. Tutto il lavoro delle aziende si fa perché l’energia elettrica fa funzionare le macchine e le catene di montaggio. Negli uffici i computer sono collegati alla rete elettrica, così i nostri frigoriferi, il riscaldamento, i lampadari e le lampade non farebbero mai il loro servizio senza luce. Insomma senza luce il mondo si ferma. Ho fatto un calcolo che senza l’invenzione della luce elettrica saremmo fermi al 1880-1890. Non avremmo radio, Tv, computer, cellulari, metropolitane e tutto ciò che il progresso ha generato nel segno dell’energia.  Quando vengono bombardate le centrali elettriche, occupate le centrali nucleari, penso che sia una dottrina non detta ma praticata per metterci tutti al buio, e quando succederà sarà finita l’umanità e noi saremo schiavi dei pochi che avranno una lampadina con la quale ci diranno dove dobbiamo andare. È questa la giusta dottrina per questo oscuro momento. È una dottrina del Club degli Imperturbabili Disonesti, cioè la grande finanza che decide dove e come rubare i soldi alla gente che lavora, che decide il crollo della Borsa, l’andamento delle economie delle Nazioni, che si fa i propri Paradisi fiscali per non pagare le tasse, che batte, vende e trasferisce moneta come qualsiasi Zecca dello Stato, che finanzia le guerre, che arma gli eserciti, che introduce il principio che le economie sono più forti in tempo di Guerra. È questo club che decide per la politica e per noi. Questa è la loro dottrina, quella del buio.

In che senso?

Perché nel crepuscolo oscuro di questi anni, 26 persone hanno accumulato ricchezza posseduta da 3 miliardi e 400 milioni di persone. Questo scuro farsi sera di questi giorni assomiglia molto alla materia oscura dell’universo della quale però la scienza ha cominciato a dirci qualcosa. Non riusciamo purtroppo a dire molto sul tempo che impiegherà la dottrina a fare buio totale sul mondo. Dipende anche da noi, dall’arte, dal cinema, dalla musica, dai giovani, dalla politica, far sì che questo non accada. Ma bisogna cominciare a opporsi, a contrastare questo sistema. La Biennale è soltanto un puntino, un piccolo laser che fa luce sul problema. Il resto è tutto da farsi insieme.

Avete inaugurato in fretta e furia la mostra e senza catalogo, con una coinvolgente performance “Magnum Opus dal buio alla luce” presentata nel giardino della Casa del Mantegna, in cui l’artista Marilena Vita ha utilizzato il fuoco e non la luce elettrica o entrambe, questa scelta non le pare discutibile nell’ambito di una Biennale di Light Art?

No, la sua scelta di utilizzare il fuoco mi è parsa vincente in quanto col fuoco è riuscita a coinvolgere molte persone nella sua performance audiovisuale site-specific composta in due atti, in cui Vita si avvale di valori primigeni carichi di significato: il silenzio, il suono, il buio e la luce, elementi ricorrenti nelle sue azioni performative, che si contrappongono al caos legato al potere economico e sociale. È stata un’azione che ha interagito con lo spazio naturale, che ha valorizzato il senso di sacralità e il rito, creando connessione con l’Altro. D’altra parte il fuoco è stato la prima luce addomesticata dall’uomo che ha creato uno spazio di socializzazione, dove cuocere carne, riscaldarci in inverno, stare per parlare, conoscerci, per vederci la notte e per difenderci dagli animali feroci. Per quanto concerne il catalogo sarà pronto tra una decina di giorni, stiamo fotografano le opere del 2024 arrivate a Mantova negli ultimi due giorni prima dell’inaugurazione della Biennale del 21 settembre.

Su sedici artisti, solo quattro sono donne, non le pare un po’ poco per una Biennale?

Le assicuro che sarebbero state di più se avessimo potuto allestire anche il primo piano della Casa del Mantegna e abbiamo avuto diverse problematiche logistiche, poiché la Provincia era occupata tra Festival della Letteratura e altre manifestazioni dedicate allo sport, siamo riusciti a fare poco e, grazie all’aiuto di tante persone che mi affiancano da anni, in soli 3 giorni e mezzo siamo riusciti ad allestire la mostra.

Comunque commenti a parte, questa Biennale vale un viaggio a Mantova, perché nel bene e nel male è l’espressione di un umanesimo scientifico che ancora oggi caratterizza la Light Art italiana.

AUTHOR

Jacqueline Ceresoli

Storica e critica dell’arte. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente. Collabora con diverse testate di architettura e arte. Il suo ultimo libro è Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Meltemi Linee (2021). Scrive su LUCE dal 2012 e tiene la rubrica Light art da quando l’ha proposta al direttore diversi anni fa.

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