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Palazzi illuminati di rosso e di arancio (e molto altro ancora) per dire basta alla violenza contro le donne
By Cristina Tirinzoni
Pubblicato il
Novembre 2024
INDICE
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Niente di quanto fatto finora sembra bastare. Le donne continuano a morire. A testimoniarlo sono i numeri dei femminicidi ancora drammaticamente alti. Secondo l’ultimo report del Ministero dell’Interno, aggiornato al 3 novembre, da inizio anno sono 96 gli omicidi di donne (erano 105 nel periodo gennaio-novembre 2023), di cui 82 in ambito familiare e affettivo, 51 uccise da partner o ex partner. Ma ci sono anche forme di violenza più subdole ai danni delle donne e sono quella psicologica, ovvero atti di controllo, denigrazione e umiliazioni, e quella economica che limita l’indipendenza delle donne rendendo ancora più difficile lasciare un partner violento. Anche l’arte è in prima linea e si mobilita per sensibilizzare la società, per abbattere i pregiudizi e stereotipi culturali che alimentano discriminazioni e violenza di genere. Mostre fotografiche, performance artistiche, reading e spettacoli teatrali: in occasione di questa giornata si organizzano eventi, in tutta Italia. Scarpette rosse. Panchine rosse.
Serve far luce: monumenti illuminati contro la violenza sulle donne
La giornata viene ricordata anche con l’illuminazione di numerosi palazzi, monumenti, edifici istituzionali che si tingono di rosso o di arancio (a livello globale è l’arancione il colore scelto per identificare questa Giornata). A partire da Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati fino alla Torre di Pisa. Le porte storiche fiorentine e il David saranno illuminati in rosso. Illuminazione color arancio per Palazzo Pirelli e Palazzo Lombardia. I palazzi comunali di Venezia, l’imponente ponte di Calatrava interamente in acciaio (Autostrada del Sole, Reggio Emilia), musei, parchi archeologici e luoghi della cultura statali che aderiscono alla campagna di sensibilizzazione Orange the World: End Violence against Women Now!, promossa da UN Women. La sera del 25 novembre, a chiudere la Giornata di celebrazione, la Mole Antonelliana si tingerà di arancione (illuminazione a cura di Iren).
Con il progetto #InPiediControLaViolenza, dal 18 al 25 novembre, Palazzo Niemeyer, sede del gruppo Mondadori, ospita un’installazione artistica realizzata dal fotografo Nicola Ughi e dal regista Tommaso Casigliani, con l’illuminazione nelle ore serale degli archi dell’iconico building di Oscar Niemeyer. L’opera, composta da 100 sedie rosse, diventa un potente simbolo, le sedie “abbattute” rappresentano le vite spezzate dalla violenza, mentre una sola sedia, aperta e in piedi, simboleggia l’impegno collettivo per dire basta alla violenza di genere. Il progetto di sensibilizzazione si estende anche, appunto, all’illuminazione di Palazzo Mondadori: nelle ore serali, le luci degli archi dell’iconica opera di Oscar Niemeyer cambiano eccezionalmente colore, tingendosi di rosso in segno di solidarietà nei confronti delle donne vittime di abusi e come simbolo dell’impegno nella promozione di una cultura del rispetto (il video che narra l’installazione artistica e l’illuminazione è disponibile sul web e sui social del Gruppo Mondadori). Dal 22 novembre all’8 dicembre 2024, per ogni lampadina della linea Lexman Natulight venduta, sia nei negozi Leroy Merlin Italia che online, sarà devoluto 1€ a Fondazione Libellula a supporto del progetto di cura RinaSHEta, un innovativo programma ideato per supportare le donne a rischio o vittime di violenza, o in condizioni di fragilità e vulnerabilità, nel percorso verso l’indipendenza economica.
Anche l’illuminazione dei palazzi, apparentemente simbolica, serve a sensibilizzare tutta la comunità, in particolare i più giovani per dire basta a ogni forma di violenza di genere e per costruire una società più consapevole e rispettosa. Serve davvero far luce. Altrimenti noi diventiamo invisibili, che è quello che la violenza vuole farci. Sono ancora tante le donne che non parlano con nessuno della violenza subita. Perché, come già detto, c’è anche una violenza che se non si vede e non lascia tracce fisiche, ma non meno dolorosa: sono le umiliazioni, la sottomissione economica, il controllo, dell’abbigliamento, del computer, del cellulare o dei soldi dentro una relazione sentimentale e molte donne si nascondono dietro la vergogna e gli sguardi che puntano altrove.
Scarpette rosse
Anche quest’anno tornano le scarpette, tutte caratterizzate da un rosso smagliante, in ceramica. L’iniziativa, giunta alla sua ottava edizione e organizzata dall’Associazione Italiana Città della Ceramica (AiCC), coinvolge le strade, le piazze e gli spazi pubblici di 57 città italiane storicamente legate alla produzione e alla promozione della ceramica artistica e artigianale che si colorano di rosso grazie a scarpe, sandali, zoccoli e stivali in ceramica, realizzati completamente a mano in ceramica smaltata da artisti locali. Scarpe tutte diverse fra loro. Dietro a ogni scarpa c’è una storia, Alcune sono scarpe povere, di chi ha vissuto l’abbandono, di chi ha subito violenza, di chi non c’è più. Altre sono scarpe piene di sogno, di estro, di bellezza, di passione. Anche il numero verde anti-violenza e anti-stalking 1522 è riprodotto su targhe in ceramica, posizionate in luoghi pubblici per ricordare l’importanza della denuncia. L’autrice della iconica installazione artistica Scarpette Rosse, diventata un simbolo potentissimo di denuncia, è l’artista messicana Elina Chauvet (laureata in architettura) che oggi ha 63 anni. Zapatos Rojos‘ per l’appunto “scarpe rosse” nasce nel 2009 a Ciudad Juárez, (città tristemente nota per il numero indicibile di donne sequestrate, stuprate e uccise) dopo che Julia, la sorella di Elina, è stata uccisa dal compagno.
Da lì un lungo processo di elaborazione del dolore che avviene, almeno in parte, con l’arte. La prima installazione è datata 22 luglio 2009, per dare una voce universale al dolore che l’aveva colpita. Erano 33 le paia di scarpe che allora Elina mise in piazza, scarpe portate dalle famiglie delle giovani donne, sparite e poi ritrovate senza vita, violate e mutilate, tanto che alcune delle loro scarpe insanguinate sono servite in alcuni casi a riconoscere le vittime. Sono state dipinte di rosso e poggiate al centro della piazza principale di Juárez e disposte in una marcia simbolica, una marcia silenziosa di donne assenti, lungo una strada cittadina. Le scarpe che le donne indossano per uscire dalle pareti domestiche, le scarpe per andare al lavoro, le scarpe che fanno correre di gioia o di paura. Sono rosse. Rosso il colore della passione, del sangue, della violenza. Le scarpe sono rosse e vuote. E parlano di un’assenza. Corpi che non sono più dentro quelle scarpe. Partita dal Messico l’installazione di Elina Chauvet è stato riprodotta ovunque, nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, di tutto il mondo. Perché la violenza contro le donne è un dramma mondiale.
Dalle scarpette rosse alla panchina tinta di rosso negli spazi pubblici e privati, in piazza, in un giardino, in un ospedale, a cui è stato aggiunto come riferimento il numero verde antiviolenza e antistalking 1522. Un promemoria per chiunque possa aver bisogno di aiuto, senza sapere a chi rivolgersi. Un’altra iniziativa di forte impatto visivo e simbolico, un progetto ideato e realizzato nel 2014 dall’associazione Stati Generali delle Donne HUB. La panchina è il simbolo del posto idealmente occupato da una donna che non c’è più, portata via dalla violenza. Invita chi dovesse passarvi accanto a fermarsi, a riflettere, perché la lotta contro la violenza di genere (che ha radici culturali e sociali) è responsabilità di tutti e tutte.
Teatro Carcano di Milano: una settimana dedicata alla riflessione sulla violenza contro le donne
Il teatro Carcano di Milano – con la direzione artistica al femminile di Lella Costa e Serena Sinigaglia – ha scelto di dedicare tutta la settimana alla riflessione sulla violenza contro le donne chiamando in causa anche gli uomini. La rassegna si apre, lunedì 25 novembre alle ore 20.30 con UOMINI SI DIVENTA – Nella mente di un femminicida, con Alessio Boni e Omar Pedrini. Il 26 novembre attrici, artiste e donne della società civile daranno voce alle vittime del femminicidio in FERITE A MORTE, reading di Serena Dandini e Maura Misiti che, scritto nel 2012, continua ad essere un punto di riferimento della lotta al fenomeno. Sul palco, insieme a Serena Dandini, Lella Costa e Serena Sinigaglia, a chiudere la rassegna (1 dicembre ore 16.30) ci sarà Monica Guerritore, con una lettura drammaturgica tratto da libro Quel che so di lei. Donne prigioniere di amori straordinari che ha scritto nel 2019: racconta i momenti finali della tragica vita di Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, massacrata con 27 coltellate sferrate con furia dopo aver fatto l’amore con l’uomo che aveva deciso di lasciare e che non si rassegnava alla fine di quella relazione. “Doveva essere l’incontro dell’addio”, racconta Guerritore. “‘Mi ha amata… non mi farà del male’. Dirà all’avvocato che cerca di dissuaderla. Un femminicidio feroce, uno schema che ancora si ripete. Mi è sembrata una storia emblematica di certi orrori a cui assistiamo anche oggi”.
AUTHOR
Cristina Tirinzoni
Cristina Tirinzoni, laureata in scienze politiche, giornalista professionista di lungo corso, ha collaborato con le maggiori testate femminili, occupandosi delle pagine di cultura, libri, teatro, arte. Convinta che la bellezza (forse) salverà il mondo e che non si finisce mai di scoprire e di raccontare grandi e piccoli costruttori e seminatori di bellezza. Ha pubblicato due libri di poesie Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni) e Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore)
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