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Anno / Year 59
Rivista fondata da AIDI nel 1962
Direttore Silvano Oldani
LIGHTING DESIGNER, UN MESTIERE DIFFICILE: INTERVISTA AL NEO-PRESIDENTE DI APIL PIETRO PALLADINO
di Pietro Mezzi
Certificazione, formazione e allargamento della base associativa: sono questi i punti centrali del programma che Pietro Palladino, neo-presidente di APIL, intende attuare ora che è alla guida dell’associazione dei professionisti italiani che operano nel campo della luce. Tre obiettivi non facili da centrare, ma che sicuramente rappresentano i principali nodi da sciogliere per accrescere la qualità della professione e del prodotto illuminotecnico. “Dobbiamo far capire a tutti coloro i quali operano in questo settore che il nostro lavoro significa qualità del vivere e dell’abitare. Che la nostra attività rappresenta un valore aggiunto che mettiamo a disposizione dell’utente finale, dei colleghi professionisti e del mondo della produzione”. Nel nuovo consiglio eletti a sostenere l’azione del neo-presidente Giovanni Albertin, Paolino Batani, Ivano Bressan, Silvia Perego, Giacomo Rossi e Francesca Storaro.
APPARECCHI DI ILLUMINAZIONE: NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI PRODOTTI. 5 DOMANDE A 7 AZIENDE
a cura di Laura Bellia e Andrea Calatroni
Per i produttori di apparecchi di illuminazione, la pandemia, con le conseguenti misure restrittive, si è inserita in un contesto globale già caratterizzato da una forte evoluzione e promotore di politiche orientate al benessere sociale e alla sostenibilità ambientale. Tale tendenza, supportata da tecnologie innovative, ha avuto come effetto l’immissione sul mercato di nuovi prodotti che debbono comunque confrontarsi con la produzione internazionale, sia in termini di costi che di qualità.
AIDI ACCENDE LA CREATIVITÀ, PER UNA LUCE PIÙ SMART E PIÙ GREEN
di Mariella Di Rao
Aziende, esperti dell’innovazione e del capital venture, giornalisti e incubatori insieme, solo virtualmente, hanno premiato i vincitori del concorso Start Up / Light Up, promosso e organizzato da AIDI in collaborazione con Talent Garden. Sono tutti giovani i vincitori del contest. Curriculum diversi ma stessa voglia di sperimentare con una grande sensibilità per l’ambiente e una visione dell’illuminazione sempre più smart e green. Si è anche svolto in digitale con sei incontri webinar il XIX° Congresso Nazionale di AIDI, come ha spiegato il presidente Gian Paolo Roscio: “Perché la divulgazione della cultura della luce non si può fermare. La cultura è un antidoto importante per affrontare e superare questo brutto momento che stiamo vivendo”.
“PARTECIPARE È FONDAMENTALE”. L’APPELLO DEI COORDINATORI LAURA BELLIA E GIUSEPPE ROSSI
di Pietro Mezzi
Continua il viaggio di LUCE all’interno del mondo CIE, la Commission Internationale de l’Éclairage. Dopo aver presentato i lavori delle divisioni 1 e 8 (LUCE 334), è la volta delle divisioni 4 e 6 di CIE Italia, coordinate rispettivamente da Giuseppe Rossi e Laura Bellia, che spiegano perché è importante lavorare all’interno delle Divisioni, sia in ambito nazionale che internazionale. La prima si occupa di Illuminazione nei trasporti e in esterno (Transportation and Exterior Applications), la seconda di fotochimica e fotobiologia (Photobiology and Photochemistry). “La competenza italiana è fuori discussione, dobbiamo esserci”, spiega Rossi. Per Bellia il tema della partecipazione è in cima ai suoi pensieri: “Sono ottimista. Dobbiamo far anche comprendere a chi manifesta qualche scetticismo che nell’ambiente internazionale l’Italia mantiene ancora una forte considerazione”.
LICHT: LA LUCE COME OPERAZIONE DI ARTE RELAZIONALE
di Maurizio De Caro
Ci voleva l’eleganza semantica di Jacqueline Ceresoli con il suo nuovo libro – Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Moltemi Linee, con la prefazione di Giulio Giorello che focalizza l’attenzione del testo sui temi alti della filosofia della percezione e sulla sociologia dell’arte – per definire il perimetro concettuale della luce in tutte le sue forme e in tutta la sequenza delle esperienze che da sempre ci condizionano e migliorano le nostre esistenze. Come collaboratrice di molte riviste e quotidiani, Ceresoli ha lavorato su Lucio Fontana, Dan Flavin, Robert Irwin, James Turrell, Olafour Eliasson, Mario Merz, Joseph Kosuth, Cerith Wyn Evans, Carsten Höller, Philippe Parreno. Pier Paolo Calzolari, Maurizio Nannucci e altri artisti. Un lavoro complesso e profondo, come è la scrittura dell’autrice, ma sempre denso di profonde stimolazioni disciplinari che ci invita a scavare sull’essenza stessa del “vedere e del guardare” e quindi dare senso luminoso agli oggetti: siano essi nel tracciato dell’arte oppure momenti della ricerca nel design e nell’illuminotecnica.
GUIDA PER L’USO PRATICO DEL SOFTWARE DIALUX EVO
di Gianni Forcolini
A cura dell’autore, architetto e docente, e pubblicato da Editoriale Delfino, Guida pratica all’uso espone in modo sintetico le molte funzioni del software, ordinate secondo la tipologia del progetto. DIALux evo è un software “free” di calcolo fotometrico e di rendering, attualmente tra i più diffusi presso lighting designer, interior designer, architetti, ingegneri, ecc. Nella Guida, con esempi pratici si applicano le procedure per ottenere tutta la gamma dei risultati di calcolo corredati da corrispondenti rendering delle scene luminose. E, come scrive l’autore, “ampio spazio alla libera creatività”. Infatti, sappiamo che in materia di percezione le variabili sono numerose, e non sempre la “modellistica” risponde a fenomeni fisiologici e psicologici complessi o da noi attesi.
LA DIDATTICA DELLA LUCE DURANTE IL LOCK-DOWN
di Andrea Siniscalco
Con l’andare degli anni il ruolo del lighting designer sta divenendo più noto, e se anche è vero che c’è ancora molta strada da fare, scrive Siniscalco, docente al Politecnico di Milano, non si può negare che ci sia maggiore consapevolezza rispetto al mondo dell’illuminazione rispetto a una decina di anni fa. Se una volta era possibile contare solo su brevi corsi, oggi la materia è insegnata nei suoi molteplici aspetti. Cita il Politecnico di Milano e quello di Torino, la Federico II di Napoli, l’Accademia delle Belle Arti di Macerata, L’Università Tor Vergata di Roma, Sapienza Università di Roma, lo IUAV a Venezia, l’Università degli studi di Firenze, ma anche realtà associative, come ad esempio AIDI, che si dedicano attivamente alla formazione. L’offerta è varia e a vari livelli, “Dai corsi brevi ai master universitari, gli interessati possono scegliere il programma più adatto a loro; perché alla fine, la differenza fra tutte le realtà educative è perlopiù relativa alla costruzione del programma didattico, che richiede competenze”.
LUCI CON LE GONNE
di Francesco Ciulli
L’autore vede un certo proliferare di “apparecchi” (oggetti) illuminanti, in maggioranza sospesi, che hanno una specie di “gabbia” intorno alla lampadina, come struttura che dovrebbe sostenere il materiale diffondente che in questi casi non c’è. Esiste solo la struttura, in materiali vari. Qui l’autore si sofferma in punta di penna su alcuni apparecchi storici di grande valore, che hanno come tratto unificante la lampadina scoperta o in vista.
VENINI 1921-2021: 100 ANNI DI ATTRAZIONE FATALE TRA LA LUCE E IL VETRO
di Jacqueline Ceresoli
Contenere in un articolo la storia di Venini, fondata nel 1921 e destinata a diventare un marchio dell’eccellenza del Made in Italy nel mondo, dallo stile riconoscibile, è un’impresa ardua. Il successo dipende dalla capacità di avvalersi della creatività di importanti protagonisti del Novecento, come Carlo Scarpa, Gio Ponti, Fulvio Bianconi, Pietro Chiesa, Ettore Sottass, Tadao Ando, Gae Aulenti, Fernando & Humberto Campana e altri autori che hanno condiviso con gli artigiani veneziani un progetto di bellezza. Una storia che festeggia 100 anni di attrazione fatale tra la luce e il vetro.
LUCE E SPIRITO. L’ILLUMINAZIONE DELLA CHIESA DI SAN PIETRO CANISIO IN ROMA
di Alessandra Reggiani
Nel cuore di Roma, la Chiesa di San Pietro Canisio è uno spazio privato del Pontificio Collegio Germanico Ungarico, un’importantissima istituzione legata alla città sin dalla seconda metà del ‘500. La bellezza e il rigore architettonico della chiesa intitolata a Canisio rappresentano e esaltano la sua lunga importante tradizione d’insegnamento filosofico e teologico. Qui la luce assume ancor di più un valore simbolico fondamentale, è “mezzo visibile – scriveva Witelo – in grado di esprimere l’invisibile, cioè il divino”. Il progetto di illuminazione è stato studiato in modo da raggiungere precisi obiettivi tecnici attraverso il recupero dei valori estetici e religiosi; un intervento che definiamo in armonia alla specificità del luogo e alla sua identità formale e liturgica. Un progetto che mostra quanto la luce possa oggi svolgere un ruolo di protagonista, capace di emozionare e valorizzare i luoghi della Storia del nostro immenso patrimonio artistico con conseguenti azioni di recupero qualitativo e conservativo.
BRESCIA: NUOVA LUCE PER LA VITTORIA ALATA
di Cristina Ferrari
Lo scorso febbraio a Brescia, anche se per pochi giorni, è stato di nuovo possibile ammirare la Vittoria Alata, la splendida statua di bronzo del I sec. d.C. divenuta uno dei simboli della città, recentemente tornata “a casa” dopo un’assenza di oltre 2 anni per restauro. La scultura, scoperta nel 1826 insieme ad altri bronzi tra due pareti del tempio Capitolino, è valorizzata dal nuovo allestimento dell’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg, che ne esalta le caratteristiche storiche e archeologiche, oltre a garantirne una conservazione ottimale.
INTENSITÀ E QUALITÀ DELLA LUCE PER LA VALORIZZAZIONE DEGLI SPAZI STORICI, LA SOSTENIBILITÀ E LA SALUTE IN PROSSIMITÀ. LO SPAZIO SCERVINO A FIRENZE
di Carla Balocco e Simona Carbone
Nel lavoro di ricerca operativa, gli autori dell’Università degli Studi di Firenze affrontano il complesso tema della progettazione illuminotecnica in uno spazio di pregio storico architettonico per un’arte sartoriale preziosa ed esclusiva, quale quella di Ermanno Scervino. Capace di portarci lungo percorsi di nuove e interessanti esperienze visive, la nuova illuminazione, commistione di luce naturale e artificiale, è ottenuta con soluzioni tecniche di controllo/regolazione e con soluzioni bioclimatiche (le piante tropicali che la filtrano e trasformano) minimamente invasive, energeticamente sostenibili e facilmente manutenibili, garantendo la tutela dei particolari tessuti e materiali.
LA LUCE AL MUSEO CASA DON BOSCO DI TORINO
di Sergio Sabbadini e Marco Pollice
Nel Museo Casa don Bosco, dove gli edifici raccontano di loro stessi, della loro storia legata alla nascita del salesianesimo, la luce naturale e artificiale è una delle componenti progettuali prevalenti che coinvolge tutti i livelli, dalla copertura fino agli ambienti interrati. Luce progettata, svelata, plasmata rispetto al progetto architettonico; luci e ombre dove la scoperta, il dettaglio di un quadro, delle vesti, e di un luogo sono messi a disposizione dei nostri sensi. Un progetto illuminotecnico museale che sa tenere conto di più aspetti: la messa in scena dell’architettura, la comunicazione di un’atmosfera confortevole, la lettura dell’opera d’arte, un buon orientamento negli spazi e una piacevolezza d’insieme.
LE MURA URBICHE DI LECCE
di Patrizia Erroi, Andrea Ingrosso
Un’area centrale all’ingresso nord della città, tra il viale interno di circonvallazione urbana e un tratto superstite della cinta muraria cinquecentesca, fino a pochi anni fa era adibita a parcheggio e percepita come periferica, priva di connotati ambientali e di qualità che potessero far apprezzare il valore storico-monumentale del sito. L’area è stata interessata da un progetto di riqualificazione volto al recupero del tratto superstite delle Mura cittadine, alla sistemazione paesaggistica con riapertura del fossato antistante le Mura e al recupero del giardino intra moenia parte del cinquecentesco palazzo Giaconia, in stato di degrado e marginalizzazione. L’importante intervento di restauro e riqualificazione ambientale ha dotato la città di un’area di grande attrazione culturale e turistica di eccezionale valore identitario, ora diventata una meta privilegiata per gli abitanti e i visitatori della città. Un nuovo scenario inedito, dove la luce è protagonista.
SANS SERIF: IL SILENZIO DELLA FORMA
di Andrea Calatroni
In Cariboni il progetto Sans Serif è nato con l’obiettivo di ottenere una linea di floor-washer da parete ad alto comfort visivo. Prodotti destinati all’illuminazione di camminamenti sia interni che esterni. L’idea alla base del progetto è semplice: un floor-washer on-wall che illumini il piano di calpestio senza illuminarsi e che garantisca un’illuminazione piacevole e discreta. Lo spiegano meglio le parole della giovane e brillante lighting designer Miriam Emiliano, “un prodotto silenzioso, concentrato sul fare luce correttamente”.
ROBIN. CON LO SGUARDO VERSO IL CIELO
di Andrea Calatroni
iGuzzini e Matteo Thun collaborano per la prima volta realizzando Robin un sistema di proiettori per binari dal design molto evocativo. Come molti progetti dell’architetto bolzanino, anche questo trae ispirazione dalla natura: “Robin parte dalla mia passione per il volo. Volare vuol dire dematerializzarsi, vuol dire libertà assoluta e vuol dire soprattutto stare sopra e non sotto”. Questa è l’immagine che ha ispirato Thun nella progettazione del nuovo proiettore a bassissima tensione.
CORVINO + MULTARI: L’ARCHITETTO DIALOGA CON SANT’AGOSTINO
di Andrea Calatroni
L’autore ha raggiunto Giovanni Multari, dello studio Corvino + Multari, per raccontarci chi sono e la loro idea di luce, equamente divisa tra Napoli e Milano. Lo studio è stato fondato a Napoli nel 1995, e dopo pochi anni ha iniziato a operare anche a Milano. Due realtà, quella di Napoli e quella di Milano, apparentemente diverse, ma con molti legami. Il primo è luogo della formazione, di una continua sperimentazione su luoghi abitati da millenni e rivolti alla luce del Mediterraneo. A Milano, con il suo orizzonte definito tra le montagne e la pianura, l’incontro con l’architettura del secondo ‘900, con i maestri, come per il restauro del grattacielo Pirelli di Gio Ponti. “Città collegate, dove abbiamo registrato soprattutto delle affinità piuttosto che delle differenze, le cui eredità sono patrimonio di tutti”.
JESPER KONGSHUAG. ACCENDERE LE LUCI È SEMPRE UN MOMENTO FANTASTICO
di Andrew Peterson
L’autore ha incontrato Jesper Kongshuag, lighting designer danese che lavora nel campo del teatro, dell’opera, del balletto e dell’architettura, per chiedergli delle differenze tra l’illuminazione architettonica e quella teatrale, del balletto Super Human e dei progetti di illuminazione per il Danish Maritime Museum o per la Lego House. La luce, spiega Kongshuag, è qualcosa che cresce sempre dall’oscurità, ed è molto importante capirlo. “Vale la pena dedicare tempo all’illuminazione proprio perché crea un’interazione tra le persone e l’architettura, la musica e ogni genere di cose!”
LA RICERCA DI UN DESIGN SENZA INGANNI. INTERVISTA A FRANCESCO FACCIN
di Federica Capoduri
Milanese, classe 1977, Francesco Faccin ha tutte le carte in regola per essere definito un futuro Maestro, allievo di quella scuola invisibile che quelli più saggi – come Enzo Mari e poi Michele De Lucchi – gli hanno insegnato. Lo abbiamo intervistato, affascinati da uno degli ultimi progetti: Pepa, lampada creata per Astep, azienda con base danese ma italianissima perché guidata da Alessandro Sarfatti, nipote di Gino – fra i maggiori progettisti d’illuminazione italiani, fondatore di Arteluce – e figlio di Riccardo – architetto, designer, imprenditore, per anni presidente di Assoluce e vicepresidente di FederlegnoArredo, che nel 1979 assieme a Paolo Rizzatto e Sandra Severi diede vita alla mitica Luceplan. Ci confida, parlando di design, di materiali, di ambiente e dei suoi studenti, “Ho iniziato da pochi anni a lavorare per l’illuminazione, mi sto divertendo e imparando”.
COSMOLIGHT. IL VIAGGIO VETROGALATTICO DI MARCO MENCACCI
di Francesco Ciulli
Mencacci vive e lavora a Parigi, ed è alla sua ennesima incursione nel mondo del vetro per l’illuminazione. Non conosce corsie preferenziali o rassicuranti, sperimenta e rischia ogni volta, poi ricomincia daccapo. Lavora gomito a gomito col maestro vetraio, e su queste forme libere aggiunge particolari ed effetti originali; ogni personaggio è in vetro trasparente, il colore arriva con la luce artificiale che passa attraverso un filtro cromatico. Ci conduce in un viaggio onirico popolato di esseri di forma arrotondata, esseri trasparenti e luminosi che dialogano tra loro, diventando racconto, storia, saga.
ARCHEOLOGIA E TECNOLOGIA SI INCONTRANO: LE RICOSTRUZIONI VIRTUALI DELLO STUDIO CAPASSO
di Cristina Ferrari
Può una passione rivoluzionare il modo di percepire l’archeologia? Perché è da una passione per la storia dell’archeologia virtuale che nasce un’azienda specializzata nella realizzazione di motori grafici per la realtà virtuale, una vera e propria “moderna bottega rinascimentale”, come è stata definita da Piero Angela. Dal Viaggio a Pompei ai resti delle domus di età imperiale di Palazzo Valentini a Roma, dal Foro di Augusto al Foro di Cesare, in collaborazione con archeologi e storici dell’arte, una ricostruzione filologicamente e archeologicamente perfetta, testimonianza per le future generazioni di studiosi.
A RIVEDER LE STELLE. LA PRIMA DEL TEATRO ALLA SCALA, SENZA PUBBLICO E IN MONDOVISIONE
di Marcello Filibeck
Lo scorso 7 dicembre, al Teatro alla Scala di Milano era in programma la Prima, il tradizionale appuntamento che inaugura la nuova stagione lirica. Sarebbe dovuta andare in scena Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, ma a poche settimane dal debutto lo spettacolo è stato cancellato a causa della pandemia di coronavirus. Il Teatro alla Scala ha deciso di non rinunciare alla sua serata più importante e ha coinvolto il regista Davide Livermore per creare da zero un’opera destinata esclusivamente alla diffusione televisiva: A riveder le stelle. Un progetto inedito e ambizioso con cui La Scala ha voluto sperimentare nuovi format e nuovi linguaggi e che merita di essere approfondito, per conoscerne le peculiarità. L’autore ne ha parlato con Davide Livermore (regista), Paolo Cucco (direttore di D-WOK, la società che ha curato le scenografie video) e Marco Filibeck (realizzatore luci).
GIOVANNI MICHELUCCI
di Empio Malara
Quando il cielo è sereno, la luce filtra dalle vetrate, illumina e fa risaltare l’interno della stazione di Firenze Santa Maria Novella, progettata nel 1932 da un gruppo di architetti toscani guidati da Giovanni Michelucci. Così, in Italia si realizzò nel 1935 la prima stazione moderna, una delle opere più significative del razionalismo “asciutto e colto”, sottolinea Cesare De Seta, dell’architetto Giovanni Michelucci (1891-1990).