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Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, Teatrino, 1964, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle, Parigi. Donazione Liliane and Michel Durand-Dessert, 2023; Pino Pascali, Personaggio, 1964, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle, Parigi. Donazione Liliane. In secondo piano: Pino Pascali, Delfino, 1966, GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Dono Tito G. Spini, 2018

Pino Pascali: l’irriverente dell’arte povera e oltre alla Fondazione Prada a Milano

By Jacqueline Ceresoli
Pubblicato il
Giugno 2024

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, Teatrino, 1964, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle, Parigi. Donazione Liliane and Michel Durand-Dessert, 2023; Pino Pascali, Personaggio, 1964, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle, Parigi. Donazione Liliane. In secondo piano: Pino Pascali, Delfino, 1966, GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Dono Tito G. Spini, 2018

Pino Pascali, nato a Bari nel 1935, è stato tra i protagonisti sui generis dell’Arte Povera dal 1967 al 1968, l’anno della sua tragica morte l’11 settembre a soli 33 anni in un incidente in motocicletta a Roma, dove si era traferito nel 1956 per studiare scenografia e scultura all’Accademia di Belle Arti. Pascali è una meteora sfuggente dell’arte italiana, scomparso nell’anno turbolento delle rivoluzioni quando la Biennale di Venezia lo celebra, con una mostra monografica incentrata sul rapporto tra natura e artificio.

Prima di diventare artista lavorava per la pubblicità, la televisione e come scenografo e dal 1965 incomincia a esporre in tutta Italia opere ispirate alla Pop Art americana.

L’imperdibile mostra alla Fondazione Prada a Milano è concepita sull’eredità dell’ex direttore artistico Germano Celant, unico nella sua capacità di approfondire dettagli della storia dell’arte, a cura di Mark Godfrey, già autore alla Tate Modern a Londra di una retrospettiva dedicata a un altro artista italiano, Alighiero Boetti.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Pino Pascali, Delfino, 1966, GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Dono Tito G. Spini, 2018

L’esposizione (fino al 23 settembre) ripercorre la fulminante carriera di Pascali dal 1965 al 1968 e comprende 49 sculture monumentali provenienti da istituzioni museali italiane e internazionali e collezioni private, una serie di opere di colleghi poste a confronto e ritratti fotografici nel ruolo di performer scherzoso mentre interagisce con le sue opere. Il percorso espositivo non segue l’ordine cronologico né raggruppamenti per temi o materiali, ma è incentrato su aspetti originali e innovativi della sua pratica artistica.

Subito, attraverso le sue opere, emerge la vena ironica del folletto metamorfico, giocoso e semiserio, fuori dal coro, impegnato nella “guerriglia” ideologica implicita nel movimento dell’Arte Povera, innovativo a partire dall’impiego di materiali industriali di recupero non tradizionali. Sorprende la sua istrionica capacità performativa di farsi fotografare, bello e tenebroso com’era, scalzo e vestito di nero da esistenzialista, sopra o in mezzo alle sue sculture, diventando esso stesso parte integrante dell’opera.

Mostra di mostre di Pino Pascali: un viaggio tra le avanguardie del secondo Novecento

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Da sinistra verso destra: Pino Pascali, Il Colosseo, 1964, Collezione Maramotti, Reggio Emilia; Pino Pascali, Ruderi su prato, 1964, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; Pino Pascali, Omaggio a Billie Holiday (Labbra rosse), 1964, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris; Pino Pascali, La gravida o Maternità, 1964, Sovrintendenza Capitolina, depositi MACRO, Roma; Pino Pascali, Primo piano labbra, 1964, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

È un tuffo nella storia dell’arte del secondo Novecento questa mostra milanese a partire dalla prima sezione al piano terra del Podium, dove sono state ricostruite in stand minimalisti le cinque mostre personali di Pascali, presentate tra il 1964 e il 1968, mentre al primo piano, nel Podium +1, è molto incentrata sui materiali impiegati all’artista barese.

Il Percorso espositivo incomincia con la mostra nella Galleria Tartaruga a Roma in piazza del Popolo sotto la direzione di Plinio De Martiis, di cui sono incluse opere di Mario Ceroli, Giosetta Fioroni ed Eliseo Mattiacci. In questa galleria Pascali nel 1965 ha esposto una serie di dipinti in rilievo ispirati alla Pop Art raffiguranti parti di corpi femminili, come per esempio Omaggio a Billie Holiday (Labbra rosse) e alcune costruzioni in rilievo che richiamano le rovine dell’antica Roma e i materiali dell’architettura romana, tipo Colosseo, tutte del 1964, Di questa sezione non si dimentica La gravida o Maternità (1964), in cui il ventre gonfio è un palloncino di gomma.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Da sinistra verso destra: Pino Pascali, Mitragliatrice, 1966, The Museum of Modern Art, New York. Fractional and promised gift of Jo Carole and Ronald S. Lauder, 2000; Pino Pascali, Contraerea, 1965, Collezione privata. Courtesy Luxembourg + Co.; Pino Pascali, Cannone semovente, 1965, Collezione privata; Pino Pascali, Missile “Colomba della Pace”, 1965, Toyota Municipal Museum of Art, Toyota

La seconda mostra di Pascali si è tenuta nel gennaio del 1966 a Torino nella Galleria Gian Enzo Sperone. In esposizione troviamo cinque opere di Pascali presentati in questa galleria, Cannone semovente (1965), Missile (1965), una Mitragliatrice del 1965 in legno e metallo e l’altra Mitragliatrice del 1966, realizzata con parti di una automobile riutilizzata (Fiat 500), di forte impatto emozionale e di scottante attualità, visti gli scenari di guerra che stiamo vivendo.

Della terza mostra, ospitata a Roma nella Galleria L’Attico in piazza di Spagna dal 29 ottobre al 21 novembre del 1966, intitolata Pascali. Nuove Sculture, sono esposti i suoi celebri Animali, sculture stilizzate fino all’astrazione ispirate a creature mitiche e mammiferi africani, che richiamano le estroflessioni del collega Agostino Bonalumi. Saranno una gioia per i bambini di tutte le età Il dinosauro riposa (1966) e altri animali a frammenti, come una giraffa e un delfino, davvero surreali per l’epoca, che sembrano realizzati in 3D, di grandi dimensioni – Pascali chiamava queste opere “finte sculture”.

In questa sezione sono esposte cinque opere dell’Attico, insieme alla testa e alla coda di una balena sui due lati di una colonna.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Pino Pascali, La decapitazione della scultura, 1966, Collezione privata; Pino Pascali La decapitazione delle giraffe, 1966, Toyota Municipal Museum of Art, Toyota; Pino Pascali, Testa di drago, 1966, Collezione Ronnie Sassoon

Dell’ultima mostra di Pascali, tenuta nella primavera del 1968 sempre nella galleria romana L’Attico, la Fondazione Prada riunisce per la prima volta da oltre cinquant’anni le cinque opere qui presentate nel secolo scorso, ovvero i suoi famosi Bachi da setola ed altri lavori in corso (1968) realizzati con lana d’acciaio, materiale che all’epoca era utilizzato perlopiù nella pulizia degli utensili da cucina, ma anche in ambito industriale.

Per quanto riguarda l’ultima esposizione, si tratta di quella presentata nel Padiglione Italia della XXXIV Biennale di Venezia (1968), in una stanza centrale in cui Pascali aveva riunito opere senza un apparente legame narrativo, tra gli altri lavori realizzati con lana di acciaio intrecciata. Alla Fondazione possono essere ammirate le opere in pelliccia sintetica e due grandi sculture a forma di fungo tra cui Solitario (1968), composte da ventitré elementi disposti come un enorme mazzo di carte che potevano assumere configurazioni diverse.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Pino Pascali, Le botole o Botole ovvero lavori in corso, 1967, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

Al primo piano della Fondazione, nel Podium +1, è allestito un focus sui materiali collezionati da Pascali dal 1964 al 1966 come legno, parti riciclate di automobili e pezzi di macchinari. Nel 1967 lui è il primo artista a inserire terra e acqua nelle proprie sculture. Oltre agli elementi naturali utilizzava anche pelliccia sintetica, introdotta nell’arte da Piero Manzoni, lana, acciaio, pannelli ondulati di Eternit e altri materiali non convenzionali, non ready-made ma nuove sculture.

In particolare era interessato ai prodotti per la pulizia domestica e industriale e utilizzati nei settori delle costruzioni, della decorazione di interni e della moda, elementi nuovi che rivoluzionano il concetto di scultura.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Pino Pascali, Coda, 1968, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; Pino Pascali, La trappola, 1968, Tate. Acquisizione 2009; Pino Pascali, Il ponte, 1968, The Museum of Modern Art, New York. Scott Burton Fund and Committee on Painting and Sculpture Funds in honor of Kynaston, McShine, 2008; Pino Pascali, Liane, 1968, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma
Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, Pelo, 1968, Collezione privata; Pino Pascali, Solitario, 1968, Collezione privata

La fotografia. Pino Pascali che interagisce con le sue sculture: un’attrazione fatale

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Pino Pascali, Campi arati e canali di irrigazione, 1967, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

È una scoperta il rapporto tra la fotografia e Pino Pascali, come si vede nella Galleria Sud della Fondazione Prada, dove il bel tenebroso artista dallo sguardo penetrante si fa immortalare mentre interagisce con le proprie sculture in modo ironico. Questo era un atteggiamento insolito per un artista in quell’epoca, non erano vere proprie performance poiché non c’è pubblico, ma c’è l’intenzione. In questa sezione scopriamo scatti intriganti che strizzano l’occhio al pubblico e alla comunicazione, concepiti per essere pubblicati su riviste e per accompagnare recensioni o articoli delle mostre di Pascali, eccentricamente interattivo con le sue sculture. Lo vediamo a cavallo di un missile, immerso nella terra fino al petto, in versione rockstar con occhialoni da sole o vestito con pantaloni di velluto attillati a vita bassa, gilet aperti sul petto magro, capelli ricci in disordine. È il Pascali del video SKMP2 di Luca Patella e nelle foto di Claudio Abate, Ugo Mulas e Andrea Taverna che l’hanno immortalato con le sue sculture o con insetti fuori scala, raggiante di energia burlona all’insegna dell’arte come un gioco e della libertà espressiva.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, Vedova blu, 1968, mumok – Museum moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien, Leihgabe der Österreichischen Ludwig-Stiftung. In prestito dall’Austrian Ludwig Foundation dal 1981. In secondo piano: Claudio Abate, Pino Pascali con Vedova blu (1968). “Sesta biennale romana. Rassegna delle Arti Figurative di Roma e del Lazio”, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1968, Photo Claudio Abate © Archivio Claudio Abate

Qui è allestita 32mq di mare circa (1967), trenta vasche quadrate in lamiera di ferro colorata, che, anche se è solo una copia espositiva dell’originale custodita nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, vale il costo del biglietto d’entrata alla Fondazione Prada. Si vede il Pascali intorno all’opera rigorosamente posata sul pavimento a formare una griglia in cui, quasi danzante in un percorso a zig zag, si muove in mezzo al mare. Il percorso continua con una delle opere più iconiche dell’artista, Vedova blu (1968) in legno e pelliccia sintetica e fotografie scattate da Claudio Abate. In questa panoramica “pascaliana” non poteva mancare la celebre installazione Cinque bachi da setola (1968), realizzata dopo la Vedova blu, di cui si intuisce che il titolo è un gioco di parole con i termini “baco da seta” e “setola”. In questo caso Pascali si avvale di scovoli, strumenti impiegati per la pulizia delle tubature e ragnatele e trasformati in larve, come metafora e ambivalenza tra naturale e artificiale con leggerezza e ironia.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, Cinque bachi da setola e un bozzolo, 1968, Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare. In secondo piano: Andrea Taverna, Pino Pascali con Bachi da setola, 1968, Photo Andrea Taverna. Courtesy Fabio Sargentini – Archivio L’Attico
Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Pino Pascali, 32 mq di mare circa, 1967, Copia espositiva, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma. In secondo piano: Claudio Abate, Pino Pascali con 32 mq di mare circa, 1967. “Lo spazio dell’immagine”, Palazzo Trinci, Foligno, 1967, Photo Claudio Abate © Archivio Claudio Abate

Il gioco dell’arte continua nelle gallerie nord

Infine, nelle Gallerie Nord della Fondazione troviamo quattro opere realizzate per mostre collettive, tra Roma, Parigi e Bologna: Ricostruzione del dinosauro, 1 metro cubo di terra, una scultura molto vicina alla Minimal Art statunitense, 9 mq di pozzanghere e Fiume con foce tripla. Ogni mostra era un atto unico per l’artista che si poneva in dialogo con i curatori, i suoi colleghi e lo spazio espositivo.

Si esce appagati da questa mostra davvero sorprendente per la qualità delle opere esposte, che include anche i lavori di Alighiero Boetti, Agostino Bonalumi, Mario Ceroli, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci, Gianni Piacentino e Michelangelo Pistoletto. È una immersione negli anni caldi dell’arte contemporanea che dimostra come Pino Pascali è andato molto oltre l’Arte Povera e chissà cosa avrebbe fatto negli anni successivi, quando la scultura dematerializza sconfina i limiti materiali e organici.

Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Piero Gilardi, Frutta caduta, 1967, Collezione privata. Courtesy Biasutti & Biasutti, Torino
Immagine della mostra “Pino Pascali”. Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. In primo piano: Eliseo Mattiacci, Tubo, 1967, Collezione Mattiacci, Pesaro

AUTHOR

Jacqueline Ceresoli

Storica e critica dell’arte. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente. Collabora con diverse testate di architettura e arte. Il suo ultimo libro è Light art paradigma della modernità. Luce come oper-azione di arte relazionale, Meltemi Linee (2021). Scrive su LUCE dal 2012 e tiene la rubrica Light art da quando l’ha proposta al direttore diversi anni fa.

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