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Dettaglio Braillight Piccolo Principe by Fulvio Morella. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum

Braille che diventa arte e luce e luce dipinta attraverso l’oscurità: le opere di Fulvio Morella e Arjan Shehaj in Engadina

By Cristina Ferrari
Pubblicato il
Agosto 2024

Il braille come fonte di luce e strumento per elevarsi e sognare al di là di ogni limite. L’alfabeto tattile inventato tra il 1821 e il 1824 da Louis Braille e che permette a non vedenti e ipovedenti di leggere e scrivere attraverso le mani, sostituendo il senso della vista con quello del tatto, è protagonista delle inedite sculture luminose in acciaio e legno di amaranto Braillight di Fulvio Morella che dal 3 agosto all’8 dicembre 2024 illumineranno Silvaplana, cittadina svizzera a pochi chilometri da Saint Moritz.

Braillight di Fulvio Morella. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum
Braillight Piccolo Principe by Fulvio Morella, 2024. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum

Il Braille stellato

Fulcro dell’installazione è il Braille stellato ideato da Morella, artista valtellinese che ha portato la tornitura del legno nella contemporaneità e fautore di un’arte che può venire compresa solo usando tutti i sensi, per celebrare il bicentenario del braille.

Sono opere in metallo e legno tornito in cui l’artista ha unito il senso della pittura alla tridimensionalità della scultura e al braille, inteso non più solo come mezzo di comunicazione per persone non vedenti, ma strumento per vedere al di là dell’apparenza in cui i punti che caratterizzano la scrittura in rilievo dell’alfabeto stesso vengono sostituiti da stelle trasformandosi in corpi celesti e in costellazioni che formano parole e frasi.

Fulvio Morella, Sipario di Stelle, performance. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum
Dettaglio Braillight Piccolo Principe by Fulvio Morella. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum

L’installazione luminosa e la mostra ORDINE

Il progetto, organizzato da Cramum, associazione no profit che sostiene le eccellenze artistiche in Italia e all’estero, e Nicoletta Rusconi, sotto la direzione artistica di Sabino Maria Frassà, direttore artistico di Cramum, include anche la mostra ORDINE presso la Gallaria Sonne, hub di architettura e desing di Silvaplana, in cui le opere immersive e multisensoriali di Fulvio Morella sono esposte accanto a grandi opere di Arjan Shehaj, finalista del premio Cairo.

Nel percorso è possibile ammirare una successione di lavori dei due artisti internazionali “che vanno ad approfondire il concetto di ‘anarchia nell’arte’, combinando un caos apparente con nuovi ordini che tendono all’infinito. L’arte di Morella e Shehaj, descritta dal curatore come ‘forme infinite e anarchiche’, si distacca dagli interessi commerciali per promuovere un’espressione autentica e libera. Questo dà vita, nella ‘RAMPA’, a un percorso espositivo avvolto in un buio minimalista, museale e al contempo immersivo”. Nuovo ordine, come il titolo della mostra stessa, appunto ORDINE.

“L’anarchia non è sinonimo di lotta contro l’ordine, ma contro l’imposizione forzata di un ordine particolare – spiega Frassà –. I lavori di Morella e Shehaj esemplificano questa visione, creando nuovi ordini formali che offrono prospettive inedite sulla nostra esistenza, in un contesto storico-artistico in cui i ritorni all’ordine e le rivoluzioni formali sono costanti. La mostra Ordine mette in luce come, storicamente, l’arte abbia oscillato tra la ricerca di nuove forme e il superamento delle tradizioni consolidate, un processo che continua a evolversi oggi. Morella e Shehaj, con il loro approccio innovativo, reinterpretano la ‘forma’ artistica, non come un semplice ritorno al passato, ma come un’opportunità per costruire qualcosa di nuovo dalle rovine del passato”.

Per quanto riguarda Morella, celebre per le sue opere che solo all’apparenza sembrano astratte, prive di collegamento tra forma e contenuto, “ma in realtà studiate come una forma vista da un punto di vista inusuale o come sintesi di più forme”, nella mostra sono presenti alcuni tra i suoi rari lavori esplicitamente figurativi, oltre a un percorso in cui l’alfabeto braille è trasformato in corpi celesti. L’artista crea un cielo stellato leggibile trovando enigmatici pensieri di grandi filosofi nel cielo notturno “con massime seducenti ed enigmatiche di grandi pensatori che lo hanno ispirato, tra cui San Francesco, Jung e Saint-Exupéry” che nel ciclo Braillight “diventano tridimensionali, trasformando le opere ricamate in sculture luminose”.

Nell’esposizione è possibile ammirare lavori che rappresentano l’inizio e la fine di questa ricerca di un nuovo ordine. In tre anni Morella ha “progressivamente liberato il singolo tratto, deformando il rigido ordine alfabetico fino a renderlo un caos contenuto in circonferenze ed ellissi”, passaggio evidente in Sipario di Stelle, La vita è una Commedia e L’Eterno Ritorno, per culminare in una scultura luminosa del ciclo Braillight su cui spicca le parole del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry: “È molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Un omaggio anche alla riflessione di pace e speranza di San Francesco: “Tutta l’oscurità del mondo non può spegnere la luce di una singola candela”. Messaggi celesti la cui comprensione “permette all’essere umano di trascendere i propri limiti terreni e di elevarsi verso l’infinito”.

Sipario di Stelle by Fulvio Morella. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum
Akumulim by Arjan Shehaj ed Eterno Ritorno by Fulvio Morella. Photo courtesy Cramum

L’arte di Morella

Braillight by Fulvio Morella. Photo courtesy dell'Artista e di Cramum

Non è però arte moralistica: lo scopo di Morella che, con ironia, ha trasformato in luce anche il pensiero pungente e quasi caustico di Sigmund Freud “Nell’impossibilità di poterci veder chiaro, almeno vediamo chiaramente le oscurità” è, infatti, unire, includere e coinvolgere.

Come spiega il curatore Frassà: “Fulvio Morella racconta nuovi ordini, solo apparentemente caotici, interpretando la Forma in modo nuovo. Questo ‘ritorno alla forma’ è un giungere a un nuovo ordine, come fu per Picasso: non si tratta di tornare indietro ma di creare qualcosa di innovativo dalle rovine del passato, assimilate e rivissute. Lontano dall’action painting, lavora per cercare l’infinito attraverso una ripetizione quasi compulsiva di un modulo, disposto in un ordine non casuale, che compone infine chiaramente delle forme riconoscibili al cui interno si può addirittura rintracciare un messaggio scritto. Appare così chiaro come il vero motore che muove l’artista sia la ricerca dell’infinito, l’elevazione della propria esistenza”.

L’arte di Arjan Shehaj

Nuovo ordine che per Arjan Shehaj “rappresenta la sublimazione del traumatico viaggio, intrapreso appena tredicenne, per arrivare in Italia attraverso le foreste greche. Il suo gesto pittorico è sempre potente e basato su una linea ramo dipinta o disegnata su tela che dà vita a fitti rovi. In questa natura selvaggia, fatta di rovi e intricati rami, spiccano sempre nitide delle forme, per lo più circolari: buchi neri o di luce, che ci fanno comprendere come nulla sia casuale”. Il lavoro di Arjan Shehaj è “il racconto di una catarsi, la trasformazione del dolore in una nuova forma e significato: in questa selva oscura ci si perde, ma si ritrova anche la via d’uscita“.

Akumulim e DRITEHIJE by Arjan Shehaj. Photo courtesy Cramum
DRITEHIJE by Arjan Shehaj, Buccus e Sipario di Stelle by Fulvio Morella. Photo courtesy Cramum

Lavorare con e per la luce

“Appare chiaro – conclude Frassà – come le forme anarchiche di Morella e Shehaj condividano come unico motore la ricerca dell’infinito, l’elevazione della propria esistenza. E per farlo entrambi gli artisti lavorano con e per la luce Luce intellettual, piena d’amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogne dolzore’ diceva Dante nel Paradiso (XXX, 40-42) e così Morella racconta nuove forme di luce e un cielo notturno illuminato dal pensiero e genio umano, mentre Shehaj dipinge la luce attraverso l’ombra e l’oscurità. Le loro opere finiscono così per esser portali verso altre dimensioni che avvolgono e stupiscono lo spettatore. In questi nuovi ordini anarchici, l’arte ritrova la propria dimensione più pura, integrando e trasformando la forma e il senso della vista in un primo passo verso l’unico ordine possibile, l’infinito di cui siamo fatti”.

AUTHOR

Cristina Ferrari

Laureata con lode in lettere classiche all’Università degli Studi di Verona, con tesi in archeologia, è giornalista pubblicista dal 2012 e collabora a diverse testate tra cui Archeo, Medioevo, LUCE

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