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Luce al femminile. Pittura impressionista e fotografia d’autore
By Stefania Dalla Torre
Pubblicato il
Dicembre 2024
INDICE
Palazzo Ducale di Genova ospita nei propri spazi espositivi due importanti mostre dedicate al talento di Berthe Morisot, Impression Morisot, visitabile presso l’Appartamento del Doge fino al 23 febbraio 2025, e di Lisetta Carmi Molto vicino, incredibilmente lontano, in mostra allo spazio Sottoporticato fino al 30 marzo 2025.
La mostra dedicata a Berthe Morisot (1841-1895) si inserisce all’interno della stagione commemorativa, avviata dal Museo d’Orsay di Parigi e delle celebrazioni ufficiali in occasione del 150° anniversario dell’Impressionismo. L’esposizione, progetto di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con Electa, promotore editore del catalogo in mostra, organizzata in collaborazione con il Museo di Belle Arti Jules Chéret di Nizza, curata da Marianne Mathieu e sostenuta da Regione Liguria e dal Comune di Genova, è patrocinata dall’Ambasciata di Francia con il sostegno ufficiale dell’Académie des Beaux Arts e del Musée Marmottan Monet di Parigi, di Villa et jardins Ephrussi de Rothschild.
La mostra dedicata a Lisetta Carmi (1924-2022) a Palazzo Ducale di Genova è a cura di Giovanni Battista Martini, curatore dell’Archivio Lisetta Carmi e di Ilaria Bonacossa, curatrice d’arte contemporanea e direttrice di Palazzo Ducale Genova ed è promossa e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura Genova e Civita Mostre e Musei. L’allestimento è stato realizzato dallo studio Drama Y che ha trasformato lo spazio Sottoporticato del palazzo in un percorso di connessione e inclusione.
La nascita dell’Impressionismo
Nell’aprile del 1874 nello studio del fotografo Felix Nadar in boulevard des Capucines a Parigi si inaugura la prima esposizione della Società anonima dei pittori, scultori, incisori… un gruppo di giovani artisti, ovvero “i pittori della luce” Claude Monet, Edgar Degas, Paul Cézanne, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pissarro, Alfred Sisley e, unica presenza femminile, la pittrice Berthe Morisot. Gli artisti lavorano per l’affermazione di un nuovo linguaggio pittorico e poetico che predilige e persegue le suggestioni della realtà dell’istante visibile, il paesaggio circostante è rappresentato pittoricamente attraverso le “suggestioni” e le variazioni cromatiche della luce secondo la personale “sensibilità atmosferica” che procede con il metodo di lavoro en plein air. La fascinazione per la natura, la percezione della luce sul paesaggio e sul soggetto rappresentato, viene fissata accostando colori e dipingendo con tratti veloci per riportare sulla tela tutti gli effetti e le variazioni cromatiche visibili ai loro occhi. Tutto ciò si pone da subito in netto contrasto con la metodologia e la pittura del tempo, lo stile accademico impeccabile. La loro arte e i loro dipinti saranno ostacolati e criticati ferocemente, spesso rifiutati dai commissari del Salon ufficiale che riuniva artisti legati all’Académie des Beaux Arts di Parigi, capace di attirare centinaia di migliaia di visitatori all’anno. Un articolo pubblicato sulla rivista Le Charivari a cura di Louis Leroy, ironizza e definisce “impressionisti” il gruppo di pittori prendendo spunto dal titolo di un’opera esposta di Monet, Impression: soleil levant, non immaginando che proprio quella definizione, allusione alle opere “non rifinite”, sarebbe diventata la caratteristica principale di questi artisti e ne avrebbe decretato la fortuna.
“Da tempo, i commissari rifiutavano sistematicamente le mie opere e quelle dei miei amici. Che fare? Non basta dipingere, bisogna anche vendere, bisogna vivere. I mercanti non ci volevano, e dovevamo esporre. Ma dove? E come affittare una sala? … Nadar, il grande Nadar, buono come il pane, ci mise a disposizione il locale, e noi facemmo allora… la nostra apparizione nel firmamento artistico, come astri indipendenti”, come racconta Monet.
Una mostra storica dunque, nata grazie alla volontà dei protagonisti fedeli alla propria arte, un gesto di rottura e indipendenza che porterà con sé la nascita di una “nuova pittura”.
Luce e colori di Berthe Morisot
Le opere dell’artista rappresentano persone e scene di vita familiare, paesaggi e ritratti di lavoranti, persone che frequentavano abitualmente il suo salone-atelier come Renoir, Monet, Manet, Degas e intellettuali tra cui Emile Zola e Stéphane Mallarmé. Molti i ritratti della figlia Julie, nata nel 1874 dal felice matrimonio con Eugene Manet, fratello del celebre pittore Edouard Manet. Le scene di vita quotidiana che hanno origine dal fatto che nella metà dell’Ottocento era poco decoroso e non consueto per una donna dipingere, tanto che Morisot inizia la sua formazione privatamente nel 1855 (l’iscrizione all’École des Beaux-Arts era preclusa alle aspiranti artiste e rimarrà tale fino al 1897). Nel 1858 ha la possibilità di lavorare come copista al Louvre, grazie a Joseph Guichard, di cui era stata allieva nel 1857. Nel 1860 studia presso Jean-Baptiste Corot, tra i maggiori paesaggisti francesi e segue i corsi di Achille Oudinot, come pittrice inizia a conoscere e frequentare altri artisti, tra cui Edouard Manet che le chiederà di posare in molte occasioni come modella per le sue opere. La tavolozza di Morisot è composta prevalentemente da colori chiari, luminosi, dipinge la percezione della luce sui volti e sui soggetti scelti, la luce diurna tra la vegetazione nei giardini, alberi, paesaggi bianchi argentei, azzurri, verdi, rosa dalle tonalità pastello. L’unico paesaggio notturno rappresentato è Barca illuminata, opera del 1889.
Opere a matita, pastelli, dipinti a olio o con tecnica dell’acquerello. Sperimenta con decisione la pratica del “non finito” che la caratterizza pittoricamente come nell’opera Giovane donna che si rimette un pattino, olio su tela del 1880.
Morisot ha in sé la luce femminile dell’impressionismo: la delicatezza delle scene della realtà domestica che la circonda, i ritratti alla figlia Julie, scorci e vedute dipinti sulla tela come immagini e momenti di vita da ricordare, l’armonia della quotidianità, la campagna, gli affetti più cari.
I tratti sono veloci, le forme a volte sono solo abbozzate, lievemente definite ma che lasciano immaginare tutto il suo mondo ritratto con freschezza e con quella sua particolare “grazia femminile” del saper dipingere che l’artista eserciterà per anni restituendoci luci e colori percepiti, la visione delicata che riflette in ogni paesaggio, ritratto, fiore o frutto e, naturalmente, l’amata figlia.
Sarà proprio Julie Manet che si impegnerà, dopo la morte della madre, a tutelarne e farne conoscere l’arte al grande pubblico, ricollocandola tra i grandi protagonisti dell’Impressionismo e togliendola dall’ombra dei suoi colleghi più noti.
L’esposizione di Genova la omaggia e la ricorda, sottolineando con orgoglio l’eccellenza della produzione artistica di inestimabile valore e l’importanza culturale, il genio di una donna che riuscì ad affiancare nella seconda metà dell’Ottocento la sua carriera d’artista al ruolo di madre e moglie. Nel testo che accompagna la mostra la direttrice del museo Ilaria Bonacossa dichiara: “Le sue vicende biografiche raccontano la volontà di battersi per l’affermazione di una nuova pittura capace di scardinare le rigide regole dell’Accademia e mostrano la determinazione di farne una professione, vendendo le proprie opere ed esponendole in mostre personali e collettive in Francia e all’estero, diventando una delle prime artiste moderne della storia dell’arte”.
Luce e realtà di Lisetta Carmi
La mostra allestita nel Sottoporticato è realizzata per celebrare i 100 anni dalla nascita della fotografa e artista genovese Lisetta Carmi che durante la sua attività ha avuto il coraggio di affrontare scelte importanti, raccontando e documentando la realtà quotidiana, sociale e dei luoghi di Genova, ma anche le luci e i paesaggi di terre lontane visitate durante i suoi viaggi in vari Paesi, tra cui Venezuela, India e Afghanistan. Immagini e scatti fotografici che si ricompongono nell’insieme come veri e propri reportages filtrati dal suo sguardo lucido e perspicace. L’importanza e l’omaggio dedicato alla figura di Lisetta Carmi è sottolineato dalle parole di Giuseppe Costa, presidente di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura: “In questo percorso espositivo, il pubblico avrà modo di approfondire le tante sfaccettature di una personalità straordinaria che ha fatto della libertà la sua cifra intellettuale”. La curatrice Ilaria Bonacossa ci ricorda che l’attenzione attuale al lavoro dell’artista si “lega a un rinnovato interesse verso le questioni di genere e inclusione che caratterizzano il dibattito culturale contemporaneo”, mentre il curatore Giovanni Battista Martini afferma: “Le fotografie esposte ci raccontano dell’amore e della comprensione per l’essere umano e della volontà di capire, da persona libera, la realtà senza pregiudizi”.
Racconti di un mondo in trasformazione, immagini inedite a colori e le celebri serie di fotografie in bianco e nero. Negli anni Sessanta la fotografia è diventata per Lisetta Carmi una vera professione, attraverso il suo mezzo fotografico documenta e svela la realtà invisibile, porta in luce situazioni e tematiche che riguardano la società, la condizione umana, il vissuto all’interno di un contesto socio-culturale e del tessuto urbano in modo schietto e veritiero.
Le opere in mostra nelle due esposizioni sono straordinarie e, pur nelle loro diversità tecniche, epocali e sociali, riflettono l’importanza delle protagoniste e il loro talento, la scelta professionale tenacemente perseguita nonostante le difficoltà, un percorso di vita costruito con verità, costanza e determinazione.
AUTHOR
Stefania Dalla Torre
Stefania Dalla Torre è laureata al Politecnico di Milano in architettura e libera professionista. Scrive per riviste architettura e design. Dal 2023 collabora con la rivista LUCE.
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